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che fra l’altro corrisponde, come si è detto, al momento di fioritura della voga
          sonettistica  inglese.  La  maggior  parte  dei  critici  oggi  concorda  su  questa
          ipotesi. Ma molti sono stati i tentativi di precisare meglio la datazione, sulla
          base vuoi dell’incerta biografia shakespeariana, vuoi di deduzioni di carattere

          stilistico (rintracciando cioè nei drammi, meglio datati, o nei poemetti, o in
          canzonieri  di  autori  contemporanei,  immagini,  temi  e  stilemi  ricorrenti  nel
          canzoniere), vuoi di congetture sugli sporadici riferimenti storici contenuti nei
          sonetti stessi.

          Per quanto riguarda le analogie stilistiche, non poche sono le testimonianze
          che  indurrebbero  a  far  coincidere  la  stesura  dei Sonetti (alcuni o tutti) con
          quella  delle  prime  commedie  e  dei  poemetti.  Circa  questi  ultimi  è  d’uopo
          anche un rilievo di carattere contenutistico: nel Venere e Adone è presente

          anche  il  tema  dell’increase,  dell’esortazione  a  procreare  che  è  tema
          dominante  dei  primi  17  sonetti,  la  cosiddetta  «sequenza  matrimoniale».  I
          sostenitori  della  tesi  Southampton  propendono  quindi  per  il  1593
          (pubblicazione  del Venere e Adone con relativa dedica) come data di inizio

          della  composizione;  e  poiché  nel  sonetto  104  si  fa  riferimento  al  fatto  che
          l’amicizia fra Shakespeare e il fair youth data da tre anni, essi attribuiscono la
          stesura dei primi 104 sonetti al periodo fra il 1593 e il 1596.
          Tale supposizione sembra avvalorata, aggiungiamo noi, da evidenti analogie

          esistenti  fra  alcuni  sonetti  e Romeo  e  Giulietta,  una  delle  prime  tragedie
          scritte  da  Shakespeare.  Proprio  il  sonetto  104,  nella  menzione  ai  tre  anni
          trascorsi dall’inizio dell’amicizia fra il poeta e il fair youth, così dice: «... three
          Winter’s cold / Have from the forests shook three summer’s pride /.../ Since

          first I saw you fresh which yet are green». E in Romeo e Giulietta il vecchio
          Capuleti,  obiettando  che  Giulietta  è  troppo  giovane  per  sposarsi,  così  si
          rivolge a Paride perché si convinca ad attendere (I, ii, v. 10): «Let two more
          summers  wither  in  their  pride».  Appare  evidente,  nel  riferimento  al

          trascorrere  del  tempo,  l’impiego  della  stessa  metafora  (il  disseccarsi  delle
          foglie,  «orgoglio  dell’estate»,  nel  volgere  degli  anni,  identificati  nella  loro
          stagione più bella).
          Ma anche nel verso iniziale del sonetto 33 è rilevabile, e in maniera anche più

          probante,  un  parallelismo  sintattico  e  lessematico  con  un  altro  punto  della
          tragedia.  Ecco  il  verso  in  questione:  «Full  many  a  glorious  morning  have  I
          seen», mentre in Romeo e Giulietta Montecchi, descrivendo la malinconia di
          cui il figlio Romeo è affetto, così si esprime:



               Many a morning hath he there been seen
               With tears augmenting the fresh morning’s dew.
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