Page 1775 - Shakespeare - Vol. 4
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ricorrenze  lessematiche,  connotazioni  e  echi  fonetici  particolarmente
          significativi; inoltre, commentando i sonetti 18 e 60, forniscono esempi della
          nozione di parallelismo poetico.
          Gli  studi  di  Philip  Martin  (Shakespeare’s  Sonnets:  Self,  Love  and  Art )  e  di

          James Winny (The Master-Mistress), entrambi del 1968, si incentrano invece
          su considerazioni prevalentemente tematiche. Il primo indaga le relazioni fra
          self, amore e arte, sul presupposto di un predominio della selfwood che per
          quanto riguarda il fair youth è narcisismo (rispecchiamento dell’io nei sonetti

          matrimoniali,  esigenza  di  adulazione  negli  altri)  e  per  quanto  riguarda  il
          poeta  si  traduce  nell’orgogliosa  autoaffermazione  poetica.  Martin  rileva
          inoltre  come  nel  rapporto  fra  i  due  il  poeta  dia  piena  preminenza  all’altro,
          confinando il proprio sé in una posizione centrifuga che, confrontata a quella

          egocentrica della poesia di John Donne (ove manca una dialettica attanziale,
          emergendo  solo  l’io  del  poeta),  dà  la  misura  della  stessa  grande  qualità
          drammaturgica  di  Shakespeare.  Un  capitolo  è  dedicato  al  confronto  fra
          Shakespeare e i quattro maggiori sonneteers a lui contemporanei, nell’ottica

          dell’impiego della convenzione petrarchesca.
          Winny si sofferma su considerazioni e temi disparati fra loro. Prende così in
          esame, variamente, il possibile autobiografismo del canzoniere, le incoerenze
          della successione, la frequenza del termine truth e le sue contrapposizioni con

          i  derivati  di falsewood,  i  rapporti  fra  il  tema  dell’increase  e  quello
          dell’immortalità nell’arte, il quasi costante dualismo degli attanti (stabilendo
          un parallelo fra il fair youth e il personaggio di Viola-Cesario nella Dodicesima
          notte, antitetico a quello di Sebastiano che presenterebbe analogicamente le

          qualità  creative  del  poeta).  Winny  dedica  anche  un  considerevole  spazio
          all’indagine sui rapporti fra il canzoniere e i due poemetti Venere e Adone e
          Lucrezia violata.
          Stephen Booth, nel suo An Essay on Shakespeare’s Sonnets del 1969, affronta

          una  lettura  dei Sonetti  in  chiave  formale,  dichiarando  subito  il  suo
          disinteresse per le vecchie questioni tanto dibattute (identificazione del fair
          youth  e  della dark lady, datazione, riordinamento della sequenza) e la sua
          intenzione di voler fornire di essi non una spiegazione bensì una descrizione,

          sulla base delle possibili responses di un ipotetico lettore elisabettiano. Dopo
          aver  illustrato  i  molteplici  modelli  −  sintattici,  ritmici,  fonetici,  logici,
          ideologici  −  coesistenti  nell’organizzazione  di  un  sonetto,  analizza  un  certo
          numero  di  campioni  nella  prospettiva  della  «esperienza  di  lettura»  indotta

          dall’intersecarsi  di  tali  modelli,  indicando  il  percorso  mentale  del  lettore
          (attuato  secondo  un  procedimento  di  «false  partenze»  e  «cambiamenti  di
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