Page 1772 - Shakespeare - Vol. 4
P. 1772

Pene d’amore perdute, ove la messa in discussione in chiave giocosa di una
          voga e un atteggiamento codificati dalla convenzione cortese si estende al
          campo più vasto della formazione culturale-accademica dei giovani cortigiani
          del  tempo;  così  l’iniziale  progetto  dei  protagonisti  maschili,  di  dedicarsi

          esclusivamente  alle  lettere  e  alla  «living  art»  in  una  sorta  di  piccola
          accademia  i  cui  accoliti  si  dedichino  allo  studio,  alla  contemplazione  e
          pratichino  l’astinenza  (così  come  è  indicato,  fra  l’altro,  nel  trattato  di
          Puttenham Arte of Poesie del 1589), viene disatteso nel suo punto essenziale,

          la totale esclusione della presenza femminile, all’arrivo di alcune gentildonne
          che  fanno  puntualmente  breccia  nei  cuori  dei  cavalieri;  e  temi  centrali
          dell’intreccio  diventano  l’amore,  il  linguaggio  artificioso  che  lo  esprime  e  il
          sonetto  stesso,  a  cui  i  giovani  ricorrono  ampiamente  per  le  loro  profferte

          amorose.  (Per  inciso,  il  titolo  stesso  della  commedia  parrebbe  riferirsi  alla
          «fatica sprecata di parlar d’amore», essendo tratto, come alcuni presumono,
          da una frase presente in First Fruits, libercolo sull’apprendimento dell’italiano
          circolante a quei tempi: «We need not speak so much of love, all books are

          full of love, with so many authors that it were labour lost to speak of love».
          [Corsivi miei.])
          Anche Come  vi  piace,  sebbene  più  tarda  (1599-1600),  contiene  riferimenti
          alla  tradizione  sonettistica,  nell’ambito  più  specifico  della  convenzione

          pastorale;  e  benché  l’aura  parodistica  sia  meno  evidente  di  quanto  appare
          nelle altre due commedie, le situazioni comiche contribuiscono a porre buona
          parte del linguaggio e dei temi amorosi su un piano burlesco.
          È da notare che da tale generale, e più o meno evidente, messa in burla della

          tradizione  sonettistica  cortese  appaiono  esenti  i  personaggi  femminili,
          caratterizzati quasi sempre da una visione del mondo, e dell’amore, basata
          sul senso pratico e venata di umorismo.
          Non  deve  stupire,  d’altronde,  o  sembrare  contraddittorio,  che  Shakespeare

          potesse scrivere sonetti, e quindi seguire una moda, e al contempo metterne
          in atto una presa in giro. Sono infatti tipici tratti del genio shakespeariano,
          come  bene  ha  rilevato  Alberto  Rossi  nella  sua  introduzione  all’edizione
          italiana Einaudi dei Sonetti, «autoironia e divertito distacco dalle cose che gli

          sono più vicine e care» (p. XXXVII).
          Per  concludere  questi  cenni  sulle  analogie  stilistiche  fra  il  canzoniere  e  le
          composizioni datate negli anni Novanta, ricordiamo che numerosi parallelismi
          con i sonetti shakespeariani sono stati riscontrati da studiosi anche in quelli

          stilati,  o  pubblicati,  fra  il  1591  e  il  1595,  da  poeti  quali  Daniel,  Sidney,
          Drayton, Spenser; nonché nelle raccolte di minori, precedenti o coevi, come
   1767   1768   1769   1770   1771   1772   1773   1774   1775   1776   1777