Page 1773 - Shakespeare - Vol. 4
P. 1773
Barnes, Constable, Wyatt, Surrey, Greville, Davies. Tuttavia, si è notato,
questo tipo di confronto non è del tutto probante, in quanto l’individuazione di
analogie stilistiche o temi comuni non comporta necessariamente che fosse
Shakespeare a saccheggiare o parodiare le composizioni altrui e non piuttosto
il contrario. La consuetudine di far circolare tali prodotti letterari «among
private friends», per riprendere il Meres, era infatti comune a tutti.
Per quanto riguarda i riferimenti di carattere storico insiti nei Sonetti, essi si
limitano sostanzialmente a due: l’accenno ai tre anni trascorsi dall’inizio
dell’amicizia con il fair youth, nel sonetto 104, di cui si è già detto; e il
riferimento metaforico, nel sonetto 107, a una «mortal Moon» su cui sono
state fatte innumerevoli congetture.
Il verso su cui più si è focalizzata l’attenzione («The mortal Moon hath her
eclipse endur’d») è stato interpretato variamente, ma la supposizione più
accreditata è quella che individua nella «mortal Moon» la regina Elisabetta,
che i poeti del tempo paragonavano spesso alla luna indicandola con
l’appellativo di Cinzia. Ma sulla natura della eclissi che essa avrebbe superato,
o subìto, permangono molte incertezze. Potrebbe trattarsi della morte della
regina (e allora il sonetto sarebbe databile nel 1603), oppure della congiura
del conte di Essex (1601), o di una grave malattia di cui Elisabetta soffrì nel
1599, o del suo periodo di climaterio (che, cadendo, secondo le credenze del
tempo, nel sessantatreesimo anno di età della donna, farebbe retrocedere la
data di stesura al 1596); o, ancora, l’eclissi si potrebbe riferire alla
cospirazione del medico portoghese Lopez, scoperta nel 1594; o, addirittura,
alla sventata minaccia dell’invasione da parte dell’armata navale spagnola
(1588). Ma c’è anche chi individuò nella «mortal Moon» la stessa Invincibile
Armada, la cui formazione pare riproducesse una mezzaluna; di questa
opinione è, fra gli altri, Leslie Hotson, il quale, sulla base di questo e di altri
rilievi, farebbe risalire la composizione del gruppo principale dei Sonetti a un
periodo in cui Shakespeare non era ancora venticinquenne, e dell’intera
raccolta agli anni entro il 1589.
Come appare chiaro, a conclusione di questo discorso necessario sul piano
dell’informazione, ma improduttivo ai fini cognitivi della verità storica, una
datazione sicura e precisa dei Sonetti non è determinabile, sulla base dei dati
in nostro possesso. Così come è per la biografia del loro autore, sulla storia
vera o immaginaria che sta dietro questi sonetti immortali non sarà mai fatta
piena luce.