Page 1768 - Shakespeare - Vol. 4
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colui che aveva appunto procurato il materiale da pubblicare all’editore
Thorpe, sottraendolo nascostamente al suo autore? I sostenitori dell’una e
dell’altra ipotesi non mancarono di suffragare le loro rispettive convinzioni con
ferree argomentazioni; senza mai, tuttavia, individuare con certezza il
problematico personaggio, a cui furono attribuite le identità più disparate.
Fra le ipotesi più aberranti ci fu addirittura quella che identificava nel fair
youth un figlio naturale del poeta; e, in epoca relativamente più recente, si
arzigogolò persino che W.H. potesse significare William Himself, e cioè il
poeta stesso. Ma, al di là di queste fantasie, in un primo tempo si pensò, sulla
traccia di quella denominazione generica, Mr., a un giovane attore della
compagnia teatrale, ove a quei tempi i ruoli femminili venivano interpretati
da giovinetti (sulla falsariga di questa ipotesi Oscar Wilde avrebbe poi scritto
un racconto intitolato The Portrait of Mr. W.H. , cui molti attribuirono veridicità
storica).
Dopo aver volta a volta preso in considerazione, e scartato, diversi nomi,
all’incirca nell’Ottocento i critici si trovarono genericamente d’accordo sul
presupposto che il dedicatario dovesse invece essere persona d’alto
lignaggio, come le molte espressioni deferenti a lui rivolte inducevano a
ritenere; e motivarono l’incongruenza del titolo scarsamente onorifico di Mr.
con una ipotetica esigenza di riserbo, in quanto l’attribuzione dei titoli ufficiali
avrebbe permesso l’identificazione dell’illustre personaggio. L’attenzione si
fermò in particolare su due nomi: quello del conte Henry Wriothesley di
Southampton e quello del conte William Herbert di Pembroke. Su queste due
tesi gli studiosi del problema si divisero più o meno equamente, dibattendo la
questione per interi lustri. A favore della prima giocava il fatto che sia il
Venere e Adone sia Lucrezia violata apparivano dedicati al Southampton; in
più la prima dedica, basata sull’ampollosa e deferente apologetica
comunemente impiegata nel rivolgersi a un patrono, si discostava dalla
seconda, ove trasparivano accenti di una dedizione e un affetto assai più
profondi e autenticamente sentiti: il che sembrava testimoniare di un’amicizia
divenuta, nel tempo di un anno, più intima (così come accade per quella per il
fair youth dei Sonetti). Nuoceva a questa ipotesi il fatto che le iniziali del
nome, H.W., nella dedica del Thorpe apparissero incongruamente capovolte.
Il che portava acqua al mulino dei sostenitori dell’altra tesi, i quali si facevano
forti del fatto che la prima edizione completa delle opere teatrali di
Shakespeare (l’in-folio pubblicato post-mortem nel 1623 a cura degli amici e
attori Condell e Heminge) fosse dedicata anche al conte di Pembroke.
Tuttavia quest’ultimo, nato nel 1580, risultava, nella opinione di molti, troppo