Page 1764 - Shakespeare - Vol. 4
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rinvii,  ribaltamenti  e  impennate  che  è  tipico  del  grande  teatro.  Si  assiste
          insomma, nella lettura di queste pagine, al processo emotivo-intellettuale che
          ha dato loro vita; tanto da ben giustificare la definizione coniata da Giorgio
          Melchiori in riferimento anche a quei sonetti che più indulgono all’astrazione:

          «meditazioni in azione».
          Il canzoniere shakespeariano si rivela infine − come è stato dimostrato da un
          altro  autorevole  critico,  Alessandro  Serpieri  −  una  interrogazione  sulla
          funzione dell’arte: è la parola poetica adeguata a descrivere la Bellezza, che

          nella sua concretezza sfolgorante la supera annichilendola? E qui la risposta
          c’è: nelle pagine di questi stessi immortali Sonetti.



          Affermare  che  la  bibliografia  sui  sonetti  di  Shakespeare  è  sterminata  non
          costituisce una novità più di quanto non sia il proposito di illustrarla. Dagli
          studi  in  chiave  storica  a  quelli,  relativamente  recenti,  di  prospettiva  critica

          descrittiva  più  specifica,  il  materiale  bibliografico  sull’argomento  ha  ormai
          raggiunto  proporzioni  tali  da  scoraggiare  chiunque  pensi  di  aggiungervi  un
          contributo;  e  ciò  perché  il  tentativo  di  affrontare  un  tale  compito  potrebbe

          ben difficilmente essere sorretto da un risultato che lo giustificasse, in quanto
          la probabilità di aggiungere alcunché al già detto e ridetto sarebbe quanto
          mai remota.
          La  premessa  è  necessaria  a  chiarire  che  scopo  primario  di  questa
          introduzione  non  è  quindi  quello  di  porsi  come  un  contributo  alla  già

          esauriente trattazione sull’argomento; bensì unicamente quello di presentare
          la  bella  traduzione  di  Maria  Antonietta  Marelli  corredandola  delle  notizie
          storico-bibliografiche essenziali. Queste pagine si rivolgono pertanto non allo

          «specialista» di Shakespeare, ma piuttosto a coloro i quali si accostino alla
          sua  lettura  per  la  prima  volta,  o  vogliano  ampliare  una  già  acquisita
          conoscenza della sua drammaturgia.




          I «Sonetti» in prospettiva storica


          La  raccolta  comprende  154  sonetti  in  decasillabi,  ciascuno  articolato  in  tre
          quartine e un distico a rima baciata; tale era la modalità sonettistica inglese,
          che  si  discostava  da  quella  italiana  ove  il  sonetto  si  componeva  di  due

          quartine e due terzine. Da questa struttura si diversificano tre composizioni: il
          sonetto 99, che presenta un verso in soprannumero, il 126, che ne ha due di
          meno,  e  il  145,  composto  di  ottonari  anziché  di  decasillabi.  Gli  ultimi  due

          sonetti sono considerati spurii, in quanto rifacimenti variati di un epigramma
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