Page 1767 - Shakespeare - Vol. 4
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comunque non edificante, per molti. Ultima ragione, ma non per importanza,
          nel 1609 la voga dei canzonieri, che negli anni Novanta aveva decretato il
          successo  di Astrophil  and  Stella  di  Sidney,  degli Amoretti  di  Spenser  e  di
          Ideas Mirrour di Drayton, era tramontata da un pezzo. Quest’ultimo, forse, è il

          motivo dello scarso successo registrato dai Sonetti. Si ha infatti notizia di una
          ristampa  solo  nel  1640,  ad  opera  di  John  Benson  (che  ne  soppresse  otto,
          alterò l’ordine di successione dividendoli in sezioni intitolate arbitrariamente,
          e  trasformò  tutti  i  pronomi  maschili  in  altrettanti  femminili,  facendo  così

          apparire che i sonetti dedicati a un giovane fossero indirizzati a una donna).
          Nel 1766 George Steevens ristampò l’in-quarto originale, edizione poi ripresa
          nel 1790 dal Malone che vi provvide il primo commento critico. Comunque,
          quasi due secoli di disinteresse per questo canzoniere testimoniano, oltre che

          del  tardivo  riconoscimento  del  loro  autore  da  parte  della  critica,  anche
          dell’imbarazzo che probabilmente suscitarono, come è provato dall’intervento
          falsificante  del  Benson  cui  si  è  accennato.  Ma  studiosi  e  commentatori
          successivi provvidero ad abundantiam a spendere sui Sonetti le parole di cui i

          loro predecessori erano stati avari.
          Infinite  congetture,  per  cominciare,  si  fecero  sulla  dedica  premessa
          all’edizione del Thorpe del 1609. Eccone il testo:



                                                     To the onlie begetter of
                                                      these insuing sonnet
                                                     Mr. W.H. all happinesse
                                                        and that eternitie
                                                            promised
                                                               by
                                                       our ever-living poet
                                                             wisheth
                                                         the well wishing
                                                          adventurer in
                                                             setting
                                                              forth
                                                              T.T.



          Poiché  la  raccolta  portava  il  titolo Shakespeares  Sonnetts,  non  parevano
          sussistere  dubbi  sulla  identità  dell’«ever-living  poet»;  né  la  sigla  «T.T.»,
          identificata con le iniziali dell’editore, dava luogo a soverchi dubbi. Perplessità
          senza  fine  destarono  invece  l’«onlie  begetter»  e  il  misterioso  Mr.  W.H.

          L’ignoto dedicatario a cui parevano indirizzati i primi 127 sonetti della raccolta
          era  da  intendersi  come  il  signor  W.H.,  «unico  ispiratore»  del  canzoniere?
          Oppure, interpretando to beget nella accezione di «procurare», si trattava di
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