Page 1763 - Shakespeare - Vol. 4
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PREFAZIONE







          Premessa


          Domandarsi perché l’interesse per il teatro di Shakespeare sembra destinato
          a non tramontare mai può sembrare futile, nonché riduttivo nei confronti del
          genio shakespeariano. Se tuttavia si volesse azzardare una risposta, i motivi

          schematicamente             individuabili      di     questa       «immortalità»          parrebbero
          sostanzialmente  due:  l’inesauribile  attualità  delle  situazioni  esistenziali
          prospettate  che,  comiche,  tragiche  o  grottesche,  pongono  di  fronte  allo

          spettatore  lo  specchio  della  sua  stessa  quotidiana  vicenda  umana;  e  il
          connubio  Intelletto-Sentimento,  con  il  quale  Eliot  definiva  l’insuperata
          «sensibilità unificata» dei poeti rinascimentali inglesi.
          Ma  il  teatro  è,  per  statuto,  privo  della  «voce»  dichiarata  dell’autore,
          esplicandosi  esclusivamente  entro  la  polifonia  verbale  dei  personaggi.  E

          poiché la curiosità per l’uomo-Shakespeare − frustrata dalla assenza di sicure
          notizie biografiche − non poteva esaurirsi nella semplice individuazione della
          sua  poliedrica  presenza  di  geniale  «orchestratore»,  si  spiega  anche

          l’attenzione  costante  dedicata  nei  secoli  ai Sonetti,  l’unica  «chiave»
          attraverso cui − secondo il poeta Wordsworth − egli ci ha «dischiuso il suo
          cuore».
          Non  ha  importanza,  evidentemente,  stabilire  fino  a  che  punto  le  vicende
          individuabili  in  questo  canzoniere  abbiano  fondamento  storico,  o  in  che

          misura esso sia invece il risultato di un «esercizio» su un genere in voga: in
          entrambi  i  casi  infatti  il  «cuore»  di  Shakespeare  vi  è  presente  e  in  questo
          senso la frase di Wordsworth − stigmatizzata da molti critici − contiene una

          verità irrefutabile. I Sonetti infatti − composti probabilmente a tempi alterni,
          talvolta in vena lirica, talvolta meditativa, o ironica e irridente, talora anche
          un po’ sciattamente o come mero gioco letterario − esibiscono una gamma di
          stati d’animo, sentimenti, emozioni che, a prescindere dall’indiscusso valore
          estetico soggiacente, «dischiudono» al lettore il mondo interno del poeta. In

          essi  inoltre  l’interrelazione  fra  pensiero  e  sentimento  dà  luogo,  nella  sua
          irrequieta dinamica profonda, a una qualità intrinsecamente drammatica, che
          è  propria  del  linguaggio  shakespeariano:  la  domanda  che  vi  è  spesso

          contenuta  −  sulla  fugacità  del  tempo,  sulle  contraddizioni  del  mondo,
          sull’amore  −  si  protrae  ricevendo  mille  risposte  e  nessuna,  in  un  gioco  di
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