Page 1544 - Shakespeare - Vol. 4
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CATERINA
Monsignore, non oso macchiarmi della colpa
di rinunciare spontaneamente al nobile titolo
a cui mi ha fatto sposa il vostro sovrano. Soltanto la morte
potrà divorziarmi dalle mie prerogative regali.
WOLSEY
Vi prego, ascoltatemi.
CATERINA
Oh, non avessi mai calcato questa terra inglese,
o dato retta alle lusinghe che vi allignano!
Avete volti d’angelo, ma il cielo conosce i vostri cuori. 44
Cos’avverrà di me ora, infelicissima donna?
Sono la donna più sventurata del mondo.
Ahimè, povere ragazze, cosa più avrete in sorte?
Naufragate su un regno dove non ci sono pietà
né amici, né speranze, né congiunti che piangan per me,
dove a momenti mi si nega una tomba. Come il giglio
che era una volta padrone del campo dove fioriva,
io chinerò la testa per lasciarmi morire.
WOLSEY
Se Vostra Grazia
si lasciasse convincere dell’onestà delle nostre intenzioni,
stareste meglio. Perché dovremmo, cara signora,
per che motivo, farvi del torto? Ahimè, il nostro rango,
la natura del nostro magistero si opporrebbero a tanto.
A noi spetta lenire gli affanni, non crearne di nuovi.
Per amor di Dio, riflettete a ciò che fate,
a come potreste, sì, danneggiare voi stessa, e fino in fondo
alienarvi la confidenza del Re, facendo come voi fate.
I cuori dei principi baciano l’obbedienza,
tanto l’apprezzano: ma con chi recalcitra
si gonfiano sino a scoppiare, tremendi come tempeste.
Lo so che avete un’indole nobile e mansueta,
un’anima serena come un mare calmo. Vi prego di crederci
quel che diciamo di essere, messaggeri di pace, amici, e servi fidati.