Page 1535 - Shakespeare - Vol. 4
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Mio Lord Cardinale,
               io ve ne assolvo. Sì, sul mio onore,
               vi affranco da tali accuse. Non sarò io a insegnarvi
               che avete molti nemici, i quali non sanno

               perché lo sono ma, come cagnacci di villaggio,
               abbaiano quando gli altri lo fanno. Qualcuno di costoro
               ha provocato l’ira della Regina. Ritenetevi assolto.
               Ma la volete più ampia, l’assoluzione? Avete sempre

               desiderato lasciar dormire l’intera questione, e mai avete voluto
               metterla in discussione, ma avete spesso, spesso, intralciato
               i primi passi del procedimento. Sul mio onore,
               su questo ho detto la mia sul buon Lord Cardinale,

               e fino a qui l’ho assolto. Ora, su ciò che m’indusse a questi passi
               oserò prendervi un po’ di tempo e attenzione.
               Notate dunque cosa mi spinse a ciò, come andaron le cose − fate
                    attenzione.

               La prima volta che mi sentii pungere la coscienza
               da scrupoli e rimorsi, fu per certi discorsi pronunciati
               dal Vescovo di Bayonne, l’allora ambasciatore di Francia,
               che era stato qui inviato a negoziare

               un matrimonio tra il Duca d’Orleans
               e nostra figlia Maria. Nel corso di questi negoziati,
               prima dell’accordo finale, lui −
               intendo dire il Vescovo − chiese un aggiornamento

               per poter chiarire al Re suo sovrano
               se nostra figlia era o non era legittima,
               visto che ci eravamo sposati con la vedova
               già moglie del fratel nostro. Questo rinvio mi scosse

               in fondo alla coscienza, mi trafisse l’animo,
               sì, con la violenza d’un ferro acuminato, facendomi balzare
               il cuore in petto; così aprendo la strada
               a molte intricate riflessioni che s’infittirono

               e mi forzarono a questo grave dubbio. Innanzitutto, mi parve
               che non mi arridesse il benvolere del cielo, che aveva
               imposto alla natura che il grembo della mia sposa,
               se mai impregnato da un erede maschio, non dovesse

               infondergli altra vita se non quella
               che la tomba dà ai morti: visto che i figli maschi
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