Page 1462 - Shakespeare - Vol. 4
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nobili fa capolino a volte il lato frivolo (è il caso dei sarcasmi sulle mode di
Francia). I Gentiluomini appaiono in due sole scene − come s’è detto,
attribuite a Fletcher − a modo loro deliziose. Quei loro incontri per le vie di
Londra, le cicalate informali, sono il miglior correttivo alla staticità di
pageants e rituali di Chiesa e Stato, alla paludata retorica dei grandi del
regno; essi portano una boccata d’aria fresca nel chiuso a volte opprimente
della corte: come portavoce non di questa o quella fazione, ma in generale
della parte più articolata dell’opinione pubblica («Tutti sono convinti», «Tutto
il paese sa», «È ormai notorio»), ci dan conto anche dei sentimenti della sua
componente più primitiva e popolare (si veda il racconto del Terzo
Gentiluomo, reduce dall’Abbazia, sottrattosi a stento all’abbraccio della folla).
E questa folla londinese acre di sudore, intemperante, scalmanata, promiscua
− che in quanto soggetto politico Shakespeare ha in altri drammi bollato
come vile e insensata − è qui rappresentata con indulgente simpatia. Le
«donne grosse e ventrute» e i manigoldi attaccabrighe che plaudono per le
strade riportano in scena la Londra burlona e malavitosa di Falstaff.
L’irruzione a Palazzo di questa folla, nella penultima scena, è
un’indimenticabile esplosione liberatoria, e le allusioni falliche dei
Guardaportone sono il carnevalesco epitalamio di Shakespeare per le nozze
principesche che il dramma vuol festeggiare, ma anche e soprattutto il tributo
del poeta a quel sostrato grezzo, sanguigno e vitale della nazione inglese, di
cui il nuovo ordine di Elisabetta ha liberato le energie.
L’esordio dell’Enrico VIII sulla scena fu a dir poco sfortunato: il Globe Theatre
se ne andò in fumo ad una delle prime repliche (si vedano anche Data e fonti,
e la nota 23). Ma la successiva carriera teatrale, assai ben documentata dalla
Restaurazione in poi, testimonia un costante interesse degli interpreti
shakespeariani ed un costante favore di pubblico. Negli anni della
Restaurazione è tra i pochi drammi del canone a esser rappresentato con
regolarità (con primi attori quali Thomas Betterton nella parte del Re); e
continua ad esserlo per tutto il Settecento, che registra le famose regie di
Colley Cibber (1727) e David Garrick (1762) − entrambi nella parte del Re, la
cui centralità è sinora indiscussa. Gli aspetti spettacolari del dramma
contribuiscono, sin dai giorni di Samuel Pepys, al perdurante successo; e alle
coreografie si sacrificano intere scene: Garrick, per esempio, per far posto a
un cast faraonico di 137 elementi, elimina i Gentiluomini − una tendenza che
verrà ribaltata solo nella seconda metà del nostro secolo.
Nell’Ottocento l’Enrico VIII risulta il più popolare fra i drammi storici (dopo il
Riccardo III e l’Enrico IV, parte prima) e figura al tredicesimo posto per