Page 1460 - Shakespeare - Vol. 4
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sino in fondo al suo signore e sovrano, è personaggio consueto nel dramma
elisabettiano: l’Anna di Boemia di Woodstock, la Regina di Riccardo II, per
fare due esempi; ma altre creature femminili vengono ancora in mente: la
Desdemona di Otello, la Costanza di Re Giovanni, la Mariana di Misura per
misura e soprattutto la Ermione del Racconto d’inverno, anch’essa vittima
d’inattesa e immeritata disgrazia, anch’essa costretta a difendersi in toccanti
orazioni. Situazioni, se vogliamo, convenzionali, come certi interni domestici:
il gineceo confortato da musica e canto, tra ancelle operose, riparo dalle
intrusioni e ingiustizie degli uomini. Più originale la resa del coraggio di
Caterina, la sua fermezza nel tener testa dapprima al Re e a Wolsey, poi al
sinedrio di Blackfriars, poi ai due cardinali; la sua difesa attiva ed eloquente
di giustizia e diritto, della sua stessa dignità di Regina. È a tal punto insolito,
questo ritratto in chiave agiografica di una Regina spagnola e cattolica, da
attribuirlo, si è pensato, alla necessità di preparare l’opinione pubblica a un
ventilato matrimonio cattolico del principe Carlo, erede di Giacomo I.
Ai tre perdenti del dramma fanno riscontro tre personaggi vincenti: Anna
Bolena, Cromwell e Cranmer. Anche qui, una donna, un laico e un chierico. Le
due figure maschili non potrebbero essere più dissimili. Le accomuna
un’ascesa pressoché parallela, e la tematica della fedeltà ricompensata. Ché
l’Enrico VIII, apertosi all’insegna dell’infedeltà (dell’Intendente verso il Duca,
di Wolsey verso il Re), si carica strada facendo di alte professioni di fedeltà −
più o meno sincere − per concludersi nel riconoscimento di chi ha fedelmente
servito: dalle ancelle e dai servi di Caterina ai più alti dignitari della corte.
Dunque, dei due personaggi maschili il meno caratterizzato è Cromwell: egli
non abbandona Wolsey all’atto della caduta e, una volta postosi al servizio
del Re, si distingue nella difesa di Cranmer, sfidando a viso aperto Gardiner e
la sua cricca. La sua figura, appena sbozzata, è quella dell’uomo d’azione, che
preferisce i fatti alle parole. Fortificato dall’esperienza di Wolsey, si scopre
quel tanto che basta, e attende il suo momento.
Appena meglio definito è Cranmer, nel ruolo opposto e complementare
dell’uomo di studi e di chiesa. Un personaggio un po’ ieratico, imprigionato
nell’agiografia, la cui mitezza e umiltà sconfinano nell’innocenza, così che a
tratti il neo-Arcivescovo fa la figura del dabben’uomo, troppo al di sopra − e
al di fuori − del mondo in cui opera. Più che un personaggio, è figura
simbolica, la personificazione dell’avvenire anglicano dell’Inghilterra (And God
shall be truly known: Il vero Dio sarà riconosciuto). Resta nella memoria
perché coinvolto in una delle scene più movimentate, e per quella profezia
finale (più una preghiera che una predizione) che se non trascende