Page 99 - Shakespeare - Vol. 3
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OFELIA
Che vuol dire vossignoria?
AMLETO
Che se siete onesta e bella, la vostra onestà non dovrebbe accettar discorso
con la vostra bellezza.
OFELIA
La bellezza, monsignore, potrebbe mai trovare miglior compagna dell’onestà?
AMLETO
Sì davvero, perché la potenza della bellezza trasformerà l’onestà in ruffiana,
assai prima che la forza dell’onestà possa farsi assomigliare dall’altra. Questo
era un paradosso, una volta, ma ora i tempi han dimostrato che è vero. Vi ho
amato una volta.
OFELIA
Sì, monsignore, me lo avete fatto credere.
AMLETO
Non avreste dovuto. Innesta pure la virtù sul nostro vecchio ceppo, ci trovi
sempre il vecchio succo. Non vi ho mai amata.
OFELIA
Tanto più fui ingannata.
AMLETO
Vattene in un convento, va’. O vuoi mettere al mondo dei peccatori? Io stesso
sono onesto, più o meno, eppure potrei accusarmi di tali cose, che era meglio
mia madre non m’avesse concepito. Son pieno di superbia, vendicativo,
ambizioso, con più peccati pronti ai miei ordini che pensieri in cui metterli,
fantasia per plasmarli o tempo per tradurli in atto. Gente come me che
striscia fra terra e cielo, che sta a farci al mondo? Siamo dei furfanti
matricolati, tutti, non fidarti di nessuno. Va’ a chiuderti in un convento. Dov’è
tuo padre?
OFELIA