Page 93 - Shakespeare - Vol. 3
P. 93
ho il fegato d’una colomba, senza il fiele
che rende amara l’oppressione,
o altrimenti da un pezzo avrei ingrassato
con la carogna di quel cane
tutti gli avvoltoi dell’aria. Farabutto
sanguinario e osceno! Farabutto incallito,
traditore, disumano, porco!
Ah che somaro sono!
Bel coraggio davvero
per il figlio d’un caro padre assassinato
spinto alla vendetta dalla terra e dal cielo
sgravarsi il petto di parole come una
baldracca, darsi a bestemmiare come una troia,
come una sguattera! Ah che vergogna! Oh!
Cervello mio, all’opera.
Ho sentito che certi criminali
che ascoltavano un dramma
sono stati colpiti fin dentro all’anima
dall’arte astuta della rappresentazione
e subito hanno confessato i loro delitti.
Perché l’assassinio parla, anche senza aver lingua,
attraverso una bocca miracolosa.
Ora io farò recitare a questi attori
davanti a mio zio, qualcosa di simile
al massacro di mio padre. E starò a guardarlo.
Lo sonderò fin dentro l’anima. Se ha un sussulto,
so cosa fare. Il fantasma che ho visto
può anche essere un diavolo, e il diavolo
può prendere un aspetto gradevole, sì, e forse,
vista la mia debolezza la mia malinconia
lui che è così potente su chi ne soffre, mi inganna
per dannarmi. Mi serve una qualche base
più consistente. Questo spettacolo è
la trappola che acchiappa la coscienza del re.
Esce.