Page 89 - Shakespeare - Vol. 3
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menare ai Greci colpi troppo corti.
               Ribelle al braccio, la sua spada antica
               dove s’abbatte resta, sorda agli ordini.
               Nell’impari duello Pirro tira

               un fendente, fallisce per la rabbia,
               ma alla folata del ferro feroce
               il padre esausto cade. E allora Ilio,
               pur senza sensi, par sentire il colpo,

               torce al suolo la cima in fiamme, e il croscio
               ferma l’orecchio a Pirro. Ve’ la spada
               già declinante sulla bianca chioma
               del venerando Priamo, par s’incolli

               all’aria. E come tiranno dipinto
               Pirro, svagato quasi dal suo scopo,
               non fa niente.
               Ma come, prima della tempesta, spesso

               c’è silenzio nei cieli, sono immobili
               i nembi, muti i venti, e l’orbe sotto
               zitto come la morte, all’improvviso
               un tuono orrendo squarcia l’aria, dopo

               la pausa, similmente, la vendetta
               rispinge Pirro all’opera,
               e mai il martello dei Ciclopi cadde
               sull’armatura di Marte, forgiata

               per durar sempre, con meno rimorso
               di come scende su Priamo la spada
               sanguinosa di Pirro.
               Via, via, puttana Fortuna! E voi Dei

               tutti, adunatevi in concilio, e a lei
               togliete ogni potere, alla sua ruota
               spezzate raggi e cerchio, e il tondo mozzo
               giù dal colle del cielo subissàtelo

               fino ai demòni.



              POLONIO
          Troppo lungo.



              AMLETO
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