Page 152 - Shakespeare - Vol. 3
P. 152
RE
Bene, ora parli
da buon figlio e da vero gentiluomo.
Che io sia innocente
della morte di tuo padre, anzi assai afflitto
per lui, ti apparirà lampante
come la luce del giorno.
Rumore dentro. (Si sente Ofelia che canta.)
Lasciatela entrare.
LAERTE
Che c’è? Chi canta?
Entra Ofelia.
Rabbia, sèccami il cervello. Lacrime sette volte amare
bruciate il senso e la virtù degli occhi.
Perdio, la tua pazzia sarà pagata
a peso tale, che la bilancia
traboccherà per noi. Rosa di maggio,
cara, buona sorella, dolce Ofelia...
O Dio, ma può la ragione d’una ragazza
essere fragile come la vita d’un vecchio?
La natura umana, nell’amore,
è così sensibile, che manda
un pegno prezioso di se stessa
dietro quelli che ama.
OFELIA
(canta)
Lo portarono a viso scoperto nella bara,
e nella sua fossa piovvero lacrime...
Addio, mia colomba.
LAERTE
Se tu avessi giudizio e chiedessi vendetta non sapresti commuovermi tanto.
OFELIA