Page 144 - Shakespeare - Vol. 3
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gonfio di un’ambizione divina si fa beffa
               del caso imprevedibile, ed espone
               ciò che è mortale e malsicuro a quanto
               possono fare la morte, la fortuna,

               e il rischio, solo per un guscio d’uovo!
               La vera grandezza non è nell’aspettare
               grandi cause per muoversi, ma nel trovare
               degno motivo di contesa in un fuscello

               quand’è in gioco l’onore. E io, allora,
               che ho un padre ucciso, una madre insozzata
               a incitare il mio sangue e la mia mente,
               e lascio tutto dormire, e a mia vergogna

               vedo la morte imminente di ventimila uomini
               che per un sogno, un’ubbìa dell’onore
               vanno alla tomba come a letto, e combattono
               per un palmo di terra che non gli basta

               ad azzuffarcisi sopra tutti quanti
               e non è sufficiente a far da copertura
               e dar fossa ai morti? Ah da questo momento
               il mio pensiero sia «sangue!», o non varrà niente.

                                                                                                           Esce.



                                                   Scena V       51     EN


                                   Entrano la Regina, Orazio e un gentiluomo.



              REGINA
               Non le voglio parlare.



              GENTILUOMO
                               Ma lei insiste,

               è fuori di sé davvero. In uno stato
               da far pietà.



              REGINA
                               Ma che cosa vuole?
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