Page 832 - Shakespeare - Vol. 2
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che poca cosa è la vita umana, che povera creatura a due gambe è l’uomo!».
          Non  per  nulla  Falstaff  aveva  parlato  fin  dalla  sua  prima  battuta  dell’uomo
          come  di  una  «argilla  impastata  di  sciocchezze»  («this  foolish  compounded
          clay-man», I,  ii,  7),  andando  subito  al  centro  del  mondo  della Parte II.

          Shallow e Silence sono due eroi beckettiani, già per buona parte sepolti nella
          mota come la Winnie di Happy Days (1961), eppure incantevolmente vivi nel
          mondo delle fiere di Stamford, della figlioccia Ellen «bruna come un merlo» e
          della bona-roba Jane Nightwork. La scena nel giardino in cui, avendo alzato il

          gomito, i due giudici sono un po’ su di giri e Silence tira fuori dei pezzi di
          vecchie  canzoni,  è  di  una  straordinaria  e  patetica  comicità  (e  vale  da
          commento  al  monologo  di  Falstaff  sui  pregi  del  vino  in IV,  iii).  Shallow
          accarezza il sogno di andare a corte con l’amico influente, e il servo Davy ne

          ripete il progetto concordando di incontrarsi là con Bardolph: «I hope to see
          London  once  ere  I  die».  Anche  Davy,  comprendiamo,  è  vecchio.  Shallow
          garantisce che Davy non si tirerà indietro.




              BARDOLPH
          And I’ll stick by him, sir.
                                                                                              One knocks at door.



              SHALLOW
          Why, there spoke a king. Lack nothing. Be merry. Look who’s at door there, ho! Who knocks?
                                                                                                      [V, iii, 68-70]


          Nel  momento  in  cui  si  suggella  il  patto  c’è  il  bussare  alla  porta.  Shallow

          approva  quel  che  ha  detto  Bardolph:  «Ecco,  ha  parlato  un  re».  Ma  le  sue
          parole commentano anche involontariamente il suono del bussare alla porta.
          «Ecco, ha parlato un re.» E infatti alla porta c’è Pistol, «come from the court
          with  news».  Il  suono  alla  porta,  la  parola  o  notizia  del  Re,  interrompe  il

          festino con la sua falsa promessa e la sua rivelazione della realtà ignorata da
          Falstaff,  Shallow  e  Silence.  È  la  parola  del  grande  discorso  della  scena  V:
          «How  ill  white  hairs  become  a  fool  and  jester!  [...]  Know  the  grave  doth
          gape...» (48, 53). È la parola della morte che coglie i convitati al festino della

          vita. Si ricorderà il battere alla porta della Waste Land di T.S. Eliot:


               And we shall play a game of chess,
               Pressing lidless eyes and waiting for a knock upon the door.

               E giocheremo una partita a scacchi
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