Page 830 - Shakespeare - Vol. 2
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paragonando estesamente la sua ribellione a una cattiva traduzione da una
lingua (la pace) a un’altra (la guerra), traduzione che volge «i vostri libri in
tombe, l’inchiostro in sangue, le penne in lance e la vostra divina lingua in
una tromba rumorosa» (IV, i, 50-52). Warwick consola il Re sostenendo che il
Principe, da bravo scolaro, «studia» i compagni «come una lingua straniera»,
per impadronirsi della quale occorre conoscere anche «la parola più
scabrosa» (IV, iv, 68-73): Falstaff, insomma, non è altro che una brutta
parola. Inoltre una particolarità della Parte II rispetto alla I, legata alla
prevalenza dell’elemento comico, è l’introduzione di numerosi personaggi dai
nomi caratterizzanti o trasparenti, nel limite in cui lo possono mai essere le
parole. È il caso di Shallow, che non è poi così “sciocco” e “superficiale” come
vorrebbe il suo nome, e il suo compare Silence, che rompe la consegna del
silenzio in alcune esilaranti occasioni. È il caso naturalmente delle reclute
Mouldy Bullcalf Feeble Wart, ognuno dei cui nomi (come quelli dei giudici) dà
a Falstaff l’occasione di una battuta, ma che non sempre si comportano di
conseguenza: per esempio Feeble, caso pressoché unico nel dramma, si
dimostra di spirito orgoglioso e valoroso nonché filosofico, al punto che una
sua stoica battuta (III, ii, 226-230) prefigura Amleto (ed è addirittura citata
come regola di vita nel racconto di Hemingway The Short Happy Life of
Francis Macomber). Altri nomi indicativi sono quelli delle prostitute Jane
Nightwork, la «bona-roba» dei ricordi di Shallow (III, ii, 191-202), e Doll
Tearsheet, che ha un certo sviluppo come personaggio malavitoso e
lacrimoso (II, iv; V, iv), e che in effetti promette a Sir John di portarlo con sé
fra un paio di lenzuola (sheets, II, iv, 217). C’è infine Pistol, che «usa le
parole come pallottole» (M. Jardine), e «si scaricherebbe» su madama
Quickly se essa non fosse «a prova di pistola» (II, iv, 109-111), troppo in là
con gli anni per essere all’altezza del suo nome (che potrebbe tradursi
Sveltina, ed è il solo nome trasparente già presente nella Parte I).
Fra questi nomi è quello di Shallow a dare soprattutto spunto alle freddure di
Falstaff, che al giudice barbuto tutto pelle ed ossa (e pertanto spalla ideale,
come anche il paggetto lillipuziano) dedica due monologhi, uno (III, ii)
essenziale per far emergere il contrasto fra le prodezze amorose di gioventù
da lui vantate (un altro caso di autoinganno) e la ben diversa realtà (il che
non toglie che Shallow fosse davvero, al dire di Falstaff, «lecherous as a
monkey»), l’altro (V, i) in realtà centrato sul rapporto troppo familiare fra
Shallow e l’intendente-governante Davy: un monologo in cui Falstaff senza
volerlo (ironia drammatica) spiega perché il nuovo Re nella scena successiva
troncherà i rapporti troppo familiari con lui. Questo soliloquio è