Page 831 - Shakespeare - Vol. 2
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particolarmente interessante anche perché Falstaff parla come se fosse lui
l’autore della Parte II: «I will devise matter enough out of this Shallow to
keep Prince Harry in continual laughter» (V, i, 72-74). Shallow non è più visto
come una possibile «pietra filosofale» (III, ii, 314-315) da cui cavare mille
sterline ma come “materiale”, fonte di diletto per Falstaff, il Principe, ed
evidentemente Shakespeare e il suo pubblico.
L’innocenza poetica dell’interesse di Falstaff per Shallow è un punto a suo
favore e contro il giovane Re che egli si proponeva di far ridere, visto che i
giovani, dice, se lo possono permettere: «O, you shall see him laugh»,
promette Sir John al pubblico. Ma naturalmente ciò che vedremo nell’ultima
scena sarà ben diverso: «I know thee not, old man. Fall to thy prayers [...]
Reply not to me with a fool-born jest» (V, v, 47, 55). Parole che hanno una
tragica sublimità, rivolte come sono a una delle maggiori invenzioni comiche
di tutti i tempi. Nemmeno essa basta a comprendere la vita. (E si noti
quell’old man, che la dice lunga.) Le parti si sono invertite, ed ora è il nuovo
Re che guarda Falstaff come un suo «sogno», un’invenzione teatrale,
sfiorando uno dei temi più cari al futuro creatore del Prospero di The
Tempest: «I have long dreamed of such a kind of man [...] But, being
awaked, I do despise my dream».
Il nome di Shallow dà anche spunto a delle variazioni propriamente musicali
nella scena della trappola contro i ribelli. «You are too shallow, Hastings»,
dice Lancaster, «much too shallow, / To sound the bottom of the after-times»
(IV, ii, 50-51), battuta che anche in questo caso ha un doppio significato (non
solo Hastings non conosce il fondo del lontano futuro, ma nemmeno il futuro
prossimo che lo attende). E quando la trappola è scattata il principe John
ribadisce il motivo: «Most shallowly did you these arms commence...». (Si
ricordi che il buon giudice celebratore del suo passato ha fatto la sua prima
comparsa nella scena precedente.) Ma a parte questi sviluppi del tema, va
detto che Shallow è ben di più che un oggetto di scherno: egli ha un pathos
genuino, creaturale, nel suo essere un vecchietto arzillo, uno di quei vecchi
che altrove sono chiamati «annali senili dei tempi» («the old folk, time’s
doting chronicles», IV, iv, 126). Qui William Hazlitt (1818) ha visto benissimo:
«Il vero spirito dell’umanità, la conoscenza completa della materia di cui
siamo fatti, la saggezza pratica con le apparenti sciocchezze in tutta la scena
del giardino nella casa di campagna di Shallow, e poco prima nello squisito
dialogo fra lui e Silence sulla morte del vecchio Double, non hanno parallelo
in nessuna altra opera. Da un certo punto di vista, essi sono ridicoli
all’estremo; da un altro essi ci toccano egualmente, se è toccante mostrare