Page 647 - Shakespeare - Vol. 2
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FALSTAFF
A Londra riuscivo a farla franca col conto, ma qui le cose si mettono male. I
conti si segnano solo sulle zucche. Piano! Chi sei? Sir Walter Blunt. Ah, ecco
l’onore! Qui di vanità non ce n’è proprio! Sono accaldato come il piombo fuso,
e pesante altrettanto. Dio tenga il piombo fuori di me: mi basta il peso delle
mie trippe. Ho condotto i miei pezzenti dove gli hanno fatto la festa. Non ce
ne sono tre vivi dei miei centocinquanta, e quei tre son destinati alle porte
della città, a mendicare il resto della vita. Ma chi è che arriva?
Entra il Principe.
PRINCIPE
Come, te ne stai qui a far niente? Prestami la spada.
Molti nobili sono stesi rigidi e freddi
sotto gli zoccoli di nemici insolenti,
la cui morte è ancora invendicata. Ti prego,
prestami la tua spada.
FALSTAFF
O Hal, lasciami per favore riprendere fiato un attimo. Il turco Gregorio 198 non
ha mai compiuto azioni guerresche feroci quanto le mie di quest’oggi. Ho
sistemato Percy: l’ho messo al sicuro.
PRINCIPE
Vivo e sicuro di ucciderti, vuoi dire.
Ti prego, dammi la tua spada.
FALSTAFF
No, perdio, Hal, se Percy è vivo la spada non te la do; ma prenditi la mia
pistola, se vuoi.
PRINCIPE
Dammela. Ma come, è nella fondina?
FALSTAFF
Sì, Hal, brucia, brucia. C’è dentro quanto basta a far girare la testa a tutta
una città. 199