Page 545 - Shakespeare - Vol. 2
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mi arriva un tal signore, lindo e ben vestito,
fresco come uno sposo, e il mento appena rasato
pareva un campo di stoppie a raccolto finito.
Era profumato come un merciaio,
e fra l’indice e il pollice teneva
una boccetta di aromi, che continuamente
portava al naso, e metteva via:
il quale naso, irritato dall’armeggio,
al nuovo arrivo della boccetta tirava su. 40
Lui intanto continuava a sorridere e parlare;
e quando passavano i soldati coi morti,
gli dava dei cafoni, dei maleducati,
a mettere un brutto cadavere malconcio
fra il vento e sua signoria.
Con molti termini ricercati ed eleganti
mi pose delle domande, fra l’altro chiese
i miei prigionieri a nome di vostra maestà.
Al che io, tutto dolente per le ferite fredde,
importunato da un tale pappagallo,
per il dolore e l’insofferenza
risposi sovrappensiero, non so più cosa...
che andasse, o non andasse... Mi spazientiva
vederlo brillare bel bello, e profumare tanto,
e parlare come una dama di compagnia
di fucili, tamburi e ferite, Dio me ne scampi!
e dirmi che la cosa migliore di tutte
per una ferita interna è lo spermaceti,
e che è un gran male, proprio,
che quel maledetto salnitro venga estratto
dalle interiora della terra innocua,
a distruggere molti giovani gagliardi
vigliaccamente: non fosse per quei cannoni dannati
anche lui si sarebbe fatto soldato.
A queste chiacchiere vuote e sconnesse
risposi senza badare, come ho detto,
e vi prego, signore, che la sua relazione
non abbia valore di accusa
nei rapporti fra la mia lealtà e il mio Re.