Page 515 - Shakespeare - Vol. 2
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in definitiva resta con un pugno di mosche. Enrico IV conquista e mantiene
          con difficoltà un regno che poi gli dà ben poche soddisfazioni, senza contare il
          dolore  intimo  recatogli  dal  figlio  disobbediente;  il  subdolo  Worcester
          architetta una ribellione perché così esige, dice, la propria sicurezza, e ottiene

          il  patibolo;  il  generoso  Hotspur  fa  tutto  per  la  gloria  e  finisce  cadavere
          ingloriosamente trafitto e portato in spalla da Falstaff stesso, apologeta del
          disonore; Hal rivela nel monologo di I, ii che le sue dissipazioni rispondono a
          un preciso programma teso a far tanto più brillare le sue virtù quando vorrà

          mostrarle, e più tardi (III, ii) dirà freddamente al padre che il tanto lodato
          Hotspur  non  è  che  suo  «agente»,  raccoglie  onori  per  conto  di  colui  che  lo
          sconfiggerà: il suo progetto sembra riuscire più degli altri, anche se come s’è
          visto è il beffato Falstaff a farsi beffe di lui in II, iv, e le stesse famose vittorie

          celebrate  in Henry V  saranno  effimere,  come  il  pubblico  sapeva  bene  dalle
          torbide vicende di Henry VI  e Richard III. Per cui le parole che Boito e Verdi
          mettono in bocca al loro Falstaff nella fuga finale, «Tutti gabbati», possono
          anche valere da motto per 1 Henry IV.

          Il personaggio che conosce la maggiore e più dolorosa inversione di destino,
          quello che più si inganna, è Hotspur. Come per Falstaff, a cui è legato per
          opposizione e somiglianza, sono pochi i tratti tramandati da cui Shakespeare
          è partito per creare il suo ritratto a tutto tondo. Lo Hotspur storico (ca. 1364-

          1403),  lungi  dall’essere  coetaneo  di  Hal,  era  più  anziano  di  Enrico IV.  La
          cronaca  di  Raphael  Holinshed  (1587),  ampiamente  utilizzata  dal
          drammaturgo,  lo  presenta  come  capo  dei  Percy,  valoroso  combattente  a
          Holmedon e Shrewsbury, incitatore dei suoi uomini prima della battaglia in

          cui troverà la morte (vedi Appendice I). Samuel Daniel, nel poema in ottave
          The First Four Books of the Civil Wars (1595), rielaborazione di Holinshed, lo
          ringiovanisce  e  contrappone  al  Principe,  dandogli  una  «cheerful  voice»
          quando parla ai soldati e un «great spirit» che prelude già all’epiteto «great

          heart»  con  cui  Hal  lo  saluterà  morto.  Da  qui  il  drammaturgo  mosse  per
          disegnare il suo accattivante cavaliere, illuso, impetuoso e pericoloso (per gli
          altri  come  per  sé).  Come  regista  della  sua  vicenda  Hotspur  è  fantasioso  e
          debordante, quello destinato al più brusco risveglio all’apparir del vero. Dal

          punto  di  vista  politico  egli  può  valere  bene  ad  illustrare  i  malanni  del
          feudalesimo da cui la monarchia nazionale dei Tudor aveva in parte liberato
          l’Inghilterra, anche se signori e favoriti non perdevano occasione di rialzare la
          cresta. Emblematica politicamente è la già citata scena della spartizione del

          territorio  fra  i  ribelli  (III,  i),  chiaramente  sufficiente  a  condannarli  come
          irresponsabili agli occhi degli spettatori elisabettiani, scena che segue fino a
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