Page 519 - Shakespeare - Vol. 2
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A tale ironia drammatica interna ai singoli personaggi si affianca il più vasto
contrappunto ironico di motivi e atteggiamenti che sottende il dramma, come
una tela in cui a un vuoto corrisponde un pieno, una sagoma è bilanciata da
un’altra. Così a un primo livello la vita dei bassifondi fa da contraltare e
commento alla vita della corte, lasciando intendere che di furfanterie sempre
si tratta. Falstaff, immagine speculare deformata di Hotspur, è in questa
prospettiva il doppione di Enrico IV, che controlla il suo piccolo regno, seda
una ribellione (la beffa di Gadshill), si occupa e preoccupa del “figlio”. E infatti
nella scena culminante del teatro nel teatro (II, iv) Falstaff assume di fatto il
ruolo di Enrico, e anticipa addirittura le parole che il vero padre pronuncerà
due scene dopo (III, ii). Il Re apre il dramma (come sarà lui a concluderlo)
parlando di cure che lo affaticano e di nuove imprese da preparare (la
Crociata, poi posposta a causa della ribellione). Nella scena successiva
Falstaff si pente per ridere, come spesso fa, della sua vita dissipata: «I must
give over this life, and I will give it over!» (I, ii, 91-92), e accusa Hal di essere
responsabile di averlo traviato, sornionamente rovesciando la situazione,
visto che è lui il diavolo che suggestiona il giovane (ma il capovolgimento ha
una sua verità: Hal non è forse responsabile di incoraggiare Falstaff a recitare
la parte del vecchio vizioso per trarne godimento?). Così Hal è messo sotto
accusa da entrambi i padri, quello reale (si scusi il bisticcio) e quello
simbolico. Nella seconda scena Hal e Poins, il “figlio” e il seguace del re della
taverna, progettano la loro beffa, come nella scena successiva Worcester,
Northumberland e Hotspur pongono le fondamenta della loro ribellione. Non
si tratta dunque di due trame che vanno per proprio conto, ma di un continuo
rispecchiamento finché i due filoni convergono nell’ultimo atto, come dimostra
Humphreys nell’introduzione all’edizione Arden (pp. XLV-L), rispondendo a
coloro che hanno accusato l’opera di disomogeneità. Al duello epico di
Glendower e Mortimer descritto (inventato) da Hotspur in I, iii corrisponde
l’assai meno gloriosa scaramuccia di Gad’s Hill in II, i, quando Falstaff si getta
sui viandanti con moralistiche proteste alla Robin Hood, presentando la
rapina come un esproprio proletario condotto da «noi giovani» contro i
vecchiacci che «ci odiano»: caso questo di ironia drammatica classica, visto
che Falstaff non è certo un giovinetto, per sua confessione è più vicino ai
sessanta che ai cinquanta (II, iv, 407). D’altra parte abbiamo visto che in un
certo senso Falstaff è giovane. Alle sue invettive contro i codardi Hal e Poins
che si sono dileguati al momento dell’imboscata corrispondono all’inizio della
scena seguente (II, iii) le invettive di Hotspur contro l’alleato codardo e
infido; e come Falstaff invoca il cavallo nascosto dagli amici, così Hotspur (lo