Page 520 - Shakespeare - Vol. 2
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«sperone ardente») invece di rispondere alla moglie dà in escandescenze a
proposito del suo roano: «That roan shall be my throne» (v. 68). E infatti
altro trono Hotspur non avrà. Nella grande scena successiva (II, iv), Hal fa la
parodia di Hotspur e della moglie, quasi (nota M. Mack) avesse origliato alla
porta in casa Percy. E in un certo senso lo ha fatto.
Come è noto, il testo shakespeariano non è diviso né in atti né in scene. Per
convenzione la scena finisce a palcoscenico vuoto e comincia con l’ingresso di
(altri) personaggi. Non c’è ovviamente sipario o altra cesura. C’è il proscenio
vuoto che indica un’interruzione di minuti ore o anni e un cambiamento di
luogo, ad esempio dal castello di Hotspur alla taverna di Eastcheap. Ma la
mancanza di una cesura netta rende possibile una sovrapposizione nella
percezione dello spettatore fra la fine di una scena e l’inizio dell’altra, con
nuovi effetti ironici e paradossali. Vediamo come il metodo opera nel
cosiddetto atto I. La prima scena si chiude col Re che dice di un consiglio
reale da tenersi a Windsor mercoledì, la seconda si apre con Falstaff che
chiede l’ora e si sente rispondere da Hal che lui col tempo non può avere
nulla a che fare. «Il tempo, la fretta, gli impegni futuri sono tralasciati per
l’agio senza tempo; i nervi tesi cedono il passo al sonno sbottonato; il
combattimento e la preoccupazione danno luogo ai capponi e alle puttanelle»
(Humphreys). Falstaff, per quanto viva sognando il paese di Cuccagna
quando Hal sarà re, è a tutti gli effetti fuori tempo, come Hotspur, mentre Hal
e Henry sono abili tempisti. I, ii si chiude appunto con Hal che parla di
«riscattare il tempo», cioè riguadagnare il tempo perduto, perduto solo ad
arte, ben s’intende. Come il sole, un giorno non lontano gli piacerà essere se
stesso («when he please again to be himself», I, ii, 190). Esce il Principe
(finisce la scena), entra il Re che dice a Worcester di essere stato fin lì troppo
buono, e che per il futuro «I will from henceforth rather be myself» (I, iii, 5).
La rima è perfetta. Hotspur conclude quest’ampia scena chiedendo che
«breve sia l’intervallo finché battaglie, zuffe e grida applaudano il nostro
gioco». Esce, ed entra il vetturale di Rochester, sbadigliando, con funzione
(nota P.H. Davison) di contrasto e quasi presa in giro; zuffe, battaglie e grida
li vedremo pochi minuti dopo, sulla via di Gad’s Hill. Altri effetti comici potrà
scoprirli il lettore, confrontando ad esempio le seguenti cerniere: III, ii/III, iii;
III, iii/IV, i; V, iv/V, v (ultimo appaiamento di Falstaff e Re).
Funzione di commento demistificante ha invece il contrasto, nelle prime due
scene dell’atto IV, fra la descrizione che Vernon dà a Hotspur del Principe
provetto cavaliere e degli splendidi seguaci, «Tutti pronti, tutti armati; / [...] /
e sgargianti come il sole a mezza estate; / ardenti come capretti, sfrenati