Page 512 - Shakespeare - Vol. 2
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Shrewsbury  e  denunciando  Falstaff  nell’ora  dell’incoronazione,  scegliendo
          come nuovo e unico padre la Legge, cioè nessuno, il proprio ruolo. Così in
          definitiva egli è più vicino al padre, sorta di protagonista assente, come sarà
          Hal,  certo  meno  caro  alla  memoria  di  lettore  e  spettatore  dei  suoi  grandi

          tentatori-antagonisti.
          Questo  tema  del  re  vuoto,  del  potere  assente,  è  trasformato  in  immagine
          (tematizzato) nel corso della battaglia (atto V),  quando  Enrico IV manda sul
          campo per uno stratagemma vari cavalieri con le proprie insegne, e Douglas

          uccide due di questi re apparenti senza giungere a quello vero. Quando infine
          ha proprio Enrico nelle mani e sta per ucciderlo, interviene il Principe, come
          dire che un vuoto, un simulacro, sosterrà l’altro al cadere della maschera.
          Shakespeare aveva espresso lo stesso tema nel sonetto 94, They that have

          pow’r  to  hurt,  celebrazione  a  denti  stretti  dei  potenti  che  sono  «unmoved,
          cold, and to temptation slow», e così «risparmiano le ricchezze naturali dallo
          spreco».  Essi,  continua  il  sonetto,  devono  stare  particolarmente  attenti  a
          «non incontrare una vile infezione»:



               For sweetest things turn sourest by their deeds;
               Lilies that fester smell far worse than weeds.


               Poiché le cose più dolci divengono per le azioni le più amare:
               peggio delle erbacce i gigli marci usano puzzare.



          Deeds  sono  implicitamente  azioni  malvagie,  però  sembra  quasi  ogni  tipo
          d’azione  a  essere  visto  come  rischioso  per  l’uomo  perfetto,  lo  spettatore

          (im)partecipe. Hal riesce appunto a conservare questa distanza, e ad evitare
          la «base infection» che lo minaccia sia da parte del padre vero, il Re, quanto
          di quello adottivo, Sir John (vedi il soliloquio chiarificatore in coda a I, ii).
          Ma egli evidentemente può essere solo visto da fuori, ammirato e invidiato.

          Più difficile amarlo, come si amano i personaggi che non temono lo spreco
          delle  ricchezze  della  natura  e  di  sé.  E  di  questa  fatta  sono  chiaramente
          Falstaff e Hotspur, la cui vita si svolge apertamente all’insegna della vanità
          (nei  due  sensi  del  termine:  lo  spreco  e  la  vanagloria).  Alla  loro  categoria

          sembrerebbe  anche  appartenere  colui  che  nei Sonetti  si  rivolge  con  amore
          solo parzialmente ricambiato al suo giovane e aristocratico amico. Se in Hal
          abbiamo  nel  suo  farsi  «il  mistero  che  protegge  un  re»  (e  sono  parole,
          significativamente, di Claudio, l’usurpatore e re vuoto ma capace di Hamlet),

          nei  suoi  due  comprimari  c’è  il  pieno  e  il  gusto  dell’esistere  in  tutto  il  suo
          lussureggiare, c’è la poesia. Ed è destino che di questo pieno il dramma riveli
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