Page 287 - Shakespeare - Vol. 2
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Scena II EN
Entra Porzia con la cameriera Nerissa.
PORZIA
Parola mia, Nerissa, il mio piccolo corpo è stanco di questo grande mondo.
NERISSA
Stanca sareste, dolce signora, se le vostre disgrazie fossero abbondanti
quanto lo sono le vostre fortune; eppure, a quel che vedo, sta male chi
troppo si rimpinza come chi si affama di nulla. Non è perciò felicità da niente
trovarsi nel mezzo; il superfluo fa prima i capelli bianchi, ma il sufficiente vive
più a lungo.
PORZIA
Belle sentenze, e ben pronunciate.
NERISSA
Sarebbero migliori se messe in atto.
PORZIA
Se fare fosse così facile come sapere cosa sarebbe bene fare, le cappelle
sarebbero chiese e le casupole dei poveri, palazzi da principi. È un buon prete
quello che mette in atto i suoi stessi precetti. Per me è più facile insegnare a
venti persone ciò che sarebbe bene fare, che essere una di quelle venti a
seguire il mio stesso insegnamento. Il cervello può ideare leggi per il sangue,
ma un temperamento caldo scavalca un freddo decreto: tale lepre è la follia,
la gioventù, da balzare oltre le reti del buon consiglio, lo storpio. Ma questi
ragionamenti non servono a scegliermi un marito. Ahimè, la parola
«scegliere»! Io non posso né scegliere chi vorrei né rifiutare chi non mi piace;
a tal punto la volontà di una figlia viva è dominata dal volere di un padre
morto. Non è dura, Nerissa, che io non possa né scegliere qualcuno né
rifiutare nessuno?
NERISSA
Vostro padre è stato sempre virtuoso, e gli uomini pii sul punto di morte
hanno buone ispirazioni. Perciò nella lotteria che egli ha ideato, con questi tre