Page 270 - Shakespeare - Vol. 2
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realtà, il lieto fine non risolve i conti sospesi, lasciando ancora trasparire le
tensioni di un disagio non componibile.
Disagio che investe i personaggi e le loro relazioni. Il tragico classico è
impossibile nella rappresentazione del nuovo mondo mercantile-borghese, e
quindi il dramma dell’ebreo e del mercante deve concludersi nel patto
comico; e tuttavia si profilano nuove inquietanti modalità del tragico dentro il
genere della commedia: a) il tragico quale sentimento di un disagio nei
rapporti sociali, nell’interazione delle varie comunità conviventi in un luogo,
con effetti di estraneità e di esclusione, di marca sia passiva (patìta dal
soggetto) che attiva (proiettata dal soggetto su un altro soggetto); b) il
tragico quale presentimento, vago e inespugnabile, della insaturabilità del
senso e del desiderio, e della imprevedibilità del tempo (presentimento
organico alla storia del capitalismo e alla religiosità postriformistica). La
convenzione e la prospettiva dell’epoca non consentono l’ascrizione diretta al
tragico dei disturbi radicali del mondo borghese rappresentato (come sarà
possibile, invece, nel romanzo settecentesco e poi ottocentesco, nonché nel
dramma, in particolare tra fine Ottocento e Novecento), ma tendono a
risolverne strutturalmente e formalmente le peripezie nel patto comico.
Anche se, come sappiamo, il patto di fondo è un altro, segnalato dalla parola
bond − obbligazione e contratto ad un tempo − che domina l’intero dramma,
disseminandosi segretamente dal contratto principale, quello della libbra di
carne, a quasi tutti i rapporti implicati.
Proviamo, allora, a leggere l’opera alla luce della categoria del contratto, che
si inscrive naturalmente nel grande contratto storico della civiltà veneziana
come centro cosmopolita di commerci e di affari. I luoghi dei due intrecci,
Venezia e Belmonte, appaiono contrapposti sull’asse: mercato e usura
(capitalismo) vs patrimonio (feudalesimo); e tuttavia hanno funzioni
qualificative affini: ricchezza, festa o cerimonia, tristezza o malinconia. La
prevalente funzione predicativa, in entrambi gli spazi, appare essere quella
del contratto: in entrambi gli spazi i personaggi si incontrano, si confrontano,
si legano, contraendo patti, restando fedeli a patti o aprendone di nuovi,
cimentandosi in nuovi patti. Percorriamo schematicamente il dramma
rilevandone le varie vicende contrattuali, che equivalgono all’intero intreccio.
La tristezza iniziale di Antonio − come, d’altronde, congetturano gli stessi
suoi amici Solanio e Salerio − pare dovuta ad ansia per i suoi contratti
commerciali (le sue «ventures») o a questioni d’amore. Antonio respinge
entrambe le spiegazioni: la prima argomentando il contrario, la sua sicurezza
di ricco mercante che non può trovar rovina in parziali insuccessi o