Page 275 - Shakespeare - Vol. 2
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luce d’ombra.
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          Nota sul testo e sulla traduzione


          Testi  utilizzati: The Merchant of Venice, Edited by John Russell Brown, The
          Arden Edition, Methuen, London 1981 (1955);
          The Merchant of Venice, Edited by W.M. Merchant, Penguin, Middlesex 1967;

          Il Mercante di Venezia, a cura di Giorgio Melchiori, in Teatro completo di W.
          Shakespeare, vol. II, Mondadori, Milano 1982;
          The Merchant of Venice, Edited by John Wilders, Casebook Series, Macmillan,
          London 1969 (comprende i saggi citati di Nicholas Rowe, Heinrich Heine, H.C.

          Goddard, C.L. Barber, G. Midgley, S. Burckhardt e W.H. Auden);
          M. Horkheimer, Teoria critica, Einaudi, Torino 1976;
          L. Poliakov, Il mito ariano, Rizzoli, Milano 1976;
          F.A. Yates, Cabbala e occultismo nell’età elisabettiana, Einaudi, Torino 1982.



          Ho  adottato  il  testo  presentato  da  W.M.  Merchant  per  l’edizione  Penguin,

          apportandovi  varianti  quasi  esclusivamente  di  grafia  e  di  punteggiatura.  Il
          testo si basa sul primo in-quarto del 1600 (abbreviato, nelle note, in Q), che
          costituì la copia usata anche dagli editori dell’in-folio (F nelle note).

          La traduzione è sostanzialmente quella approntata per la rappresentazione
          del  dramma  messa  in  scena  da  Pietro  Carriglio  per  il  Teatro  Biondo  di
          Palermo nella stagione 1983-1984 (con repliche nelle principali città italiane).
          Quando una traduzione drammatica nasce appositamente per una immediata
          messinscena, il debito del traduttore con il regista è sempre rimarchevole. Il

          testo  viene  letto  e  riletto,  per  deciderne  i  tagli,  la  recitabilità,  i  registri
          stilistici,  gli  esiti  spettacolari.  In  tale  lavoro,  la  versione  iniziale  (anche  se
          ritenuta  definitiva)  si  modifica  e  si  assesta  nella  scrittura  drammaturgica

          direttamente volta alla transcodificazione scenica. Pietro Carriglio è stato un
          interlocutore generoso, geniale, stimolante ma mai prevaricante. Da quando
          il  dramma  è  andato  in  scena,  la  traduzione  è  stata  ancora  modificata.
          Leggendo  i  segni  registici  e  scenografici  di  Carriglio,  ho  ricevuto  risposte  a
          certi problemi di interpretazione e resa testuale; e, inoltre, in quei segni ho

          trovato  domande  che  mi  hanno  spinto  a  interrogare  nuovamente  il  testo
          originale  e  a  rintracciare  soluzioni  più  convincenti.  È,  questo,  il  circuito
          dinamico, mai del tutto chiuso, tra scrittura drammaturgica − quale anche la

          traduzione di necessità è − ed evento teatrale.
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