Page 274 - Shakespeare - Vol. 2
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o fittizia.
          Non  si  dà,  dunque,  pacificazione  e  risoluzione  dei  conflitti,  ma  implicita
          riproposizione  dell’aperto  dramma  umano  (con  figura  dell’ellissi  o  della
          spirale, e non del cerchio, come si è già accennato). Segue, nel bisticcio delle

          coppie  dovuto  all’incidente  degli  anelli,  il  punto  critico  del contratto  B.
          L’infedeltà,  se  provata,  porterebbe  alla  rottura.  Ma  ecco  che,  come  Porzia
          aveva salvato Antonio dal punto critico del contratto A, Antonio viene ora in
          soccorso di Porzia allo stesso punto. Egli toglie qualsiasi ipoteca di disturbo

          reale (il disturbo del suo legame con Bassanio) del contratto B, ri-officiandolo
          con la garanzia della propria esclusione. Si veda: «Oso impegnarmi di nuovo,
          / pena l’anima mia, che mai più il vostro signore / deliberatamente mancherà
          alla sua parola [...] Ecco, caro Bassanio, giura di conservare questo anello»

          (V,  i,  251-256).  Egli  li  ri-sposa.  Ed  è  il  suo  nuovo  contratto,  chiamiamolo
          contratto D, per il quale impegna significativamente la propria anima.
          Il contratto D di Antonio e il contratto C di Shylock si corrispondono, sia pure
          segretamente. Se l’ebreo aveva dovuto subire una ironico-tragica inclusione

          (esclusione) nella comunità dei cristiani, ora è l’omosessuale Antonio a dover
          accettare  la  propria  ironica,  e  a  suo  modo  tragica,  inclusione  (esclusione)
          nella comunità degli amanti. Shylock resta privo, più che degli averi, della sua
          cultura, e quindi dei suoi rapporti; Antonio resta privo del suo amore, e dei

          suoi rapporti. L’ironia, non certo comica, del dramma è che, alla fine, restano
          esclusi, di fatto senza contratto, i due contraenti del primo contratto A, che
          ha mosso tutta la storia. La loro funzione non è più pertinente ai valori di una
          società mercantile-borghese nella propria autorappresentazione positiva, che

          comporta  la  rimozione  dell’usura  (che  sotto  un  altro  nome,  l’interesse,  è
          essenziale al capitalismo) come della omosessualità platonica che disturba il
          contratto  di  coppia  (che  diventa  rapporto  di  proprietà  privata  e,  spesso,
          incontro di fortune economiche).

          Alla fine, ha successo, ad un prezzo di cui Shakespeare ci dà segreti ma chiari
          segnali, il nuovo contratto, simboleggiato dall’unione Bassanio-Porzia, che è il
          contratto  storico  tra  nuova  borghesia  mercantile  e  persistente  struttura
          feudale, tra Venezia e Belmonte. Contratto che è anche una metafora della

          turbolenta  trasformazione  sociale  e  strutturale  dell’Inghilterra  dell’epoca  di
          Elisabetta.  L’inquietudine  che  attraversa Il  Mercante  di  Venezia,  la  sua
          malinconia,  la  sua  sotterranea  proiezione,  sono  accenni  di  un  tragico
          moderno  che  quest’opera  «strana»  (forse  l’attributo  più  frequentemente

          usato  dalla  critica  per  definirla),  questa  commedia  che  fa  piangere  (se  ne
          veda la ricezione teatrale nei secoli) straordinariamente compone nella sua
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