Page 269 - Shakespeare - Vol. 2
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l’unità tematica e strutturale dell’opera: «Il parallelismo tra Shylock e Antonio
          costituisce  la  struttura  del  dramma».  Ma  forse  l’unità  di  questo  dramma  è
          problematica perché eccede le costrizioni e le regole del sottogenere comico
          come di quello tragico, profilando una struttura aperta o mista, che è cifra di

          un modello storico aperto e misto. È il sospetto che ha Melchiori, mi pare,
          quando scrive: «The Merchant of Venice è un’opera estremamente complessa
          e sottile, e per questo si sottrae ad ogni classificazione tradizionale; la sua
          complessità  e  ambiguità  non  fu  forse  neppure  una  deliberata  scelta

          dell’autore,  ma  è  legata  al  momento  storico  in  cui  nacque  e  all’ambiente
          sociale  cui  si  rivolge».  Aggiungo,  è  legata  alla  raffigurazione  di  un  mondo
          attuale  e  vicino,  Venezia,  e  ad  una  problematica  esistenziale  e  sociale
          irrisolta e irrisolvibile nelle sue tensioni ideologiche più o meno esplicite, nelle

          sue  proiezioni  occulte  e  nelle  precarie  ricomposizioni  formali  di  contenuti
          storicamente drammatici.
          Sta forse in questo irriducibile sfasamento tra forme dell’espressione e forme
          del contenuto il segreto dell’ambiguità del testo, ambiguità sempre percepita,

          sia dagli uomini di teatro, nelle svariate interpretazioni sceniche prodotte nei
          secoli,  che  dai  critici  del  dramma.  Se,  infatti,  nelle  forme  dell’espressione
          (livello  metrico-ritmico,  retorico,  stilistico,  e  infine  strutturale  per  quanto
          concerne la forma stessa del dramma come commedia), quest’opera spesso,

          o prevalentemente, «canta», nelle forme del contenuto, e in particolare nella
          dilagante  isotopia  monetaria-mercantile-giudiziaria  (isotopia  che  trama  non
          solo la prosa dei mercanti, degli usurai e dei buffoni, ma anche il verso delle
          «gentili persone»), essa mette in questione, se non addirittura ribalta, i suoi

          incantamenti  stilistici-strutturali.  Ombre  di  un  mondo  materialistico,
          competitivo e spietato si proiettano così sui registri formali e sull’opposizione
          strutturale che vorrebbe veder prevalere, alla fine, l’armonia del «romance»,
          l’ispirazione dell’accademia neoplatonica, la musica delle sfere, la risoluzione

          in piena chiave di commedia di tutte le fila della vicenda.
          Il  dramma  cerca  la  sua  unità  nella  struttura  circolare.  Come  osserva  S.
          Burckhardt  (1962),  «l’intreccio  è  circolare:  costruito  in  modo  tale  che  lo
          strumento  della  distruzione,  il bond,  risulta  essere  la  fonte  stessa  della

          risoluzione. Porzia, conquistata attraverso quel bond, conquista la liberazione
          di Antonio da quello...». Ma è, appunto, una circolarità cercata, o imposta,
          non  convincentemente  raggiunta,  come  invece  conclude  Burckhardt:  «Il
          Mercante è un dramma sulla circolarità e sulla circolazione; si interroga su

          come il circolo vizioso della legge del contratto possa trasformarsi nell’anello
          dell’amore  [...].  L’anello  è  il  contratto  trasformato,  il  gentile  contratto».  In
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