Page 267 - Shakespeare - Vol. 2
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capitalistico. Ma, in realtà, le sue maestose navi sparse per tutti i mari fanno
          parte  della stessa  economia,  basata  sul  guadagno  di  scambio  e  sulle
          plusvalenze, in cui si è ingegnosamente inserito l’ebreo Shylock.
          L’ebreo che ha tutto il suo disprezzo, l’ebreo che egli prende a calci e su cui

          sputa.  Il  suo  razzismo  e  la  sua  cattiva  coscienza  lasciano  emergere  un
          sistema proiettivo, che è suo come di tutti i veneziani (cfr. Goddard 1951).
          Antonio,  dunque,  che  dovrebbe  essere  l’eroe  positivo  del  dramma,  e  così
          vuole proporsi, non è che il primo dei personaggi ambigui che si muovono tra

          Venezia e Belmonte.
          Ambigua è anche Porzia, la signora dell’apparente regno ideale di Belmonte,
          che  schernisce  i  suoi  pretendenti,  arrivando  a  discriminare  con  evidente
          razzismo il Principe del Marocco, ama recitare la sua parte e far recitare agli

          altri  la  loro,  e  oscilla  fino  alla  fine  tra  la  malinconia  del  mondo  ideale  ma
          ormai  irreale  cui  dovrebbe  appartenere  e  l’arguto  confronto  con  la  realtà
          veneziana che la visita o che ella stessa va a visitare.
          Certo è, come hanno notato quasi tutti i critici, che i personaggi di questo

          dramma  possono  essere  interpretati  in  maniere  molto  diverse.  Sono
          complessi  perché  stanno  in  relazioni  complesse,  che  di  volta  in  volta  li
          dispongono  in  prospettive  capaci  di  configurarli  positivamente  o
          negativamente.  Certamente  ambiguo  è  il  quarto  personaggio  principale,

          Bassanio.  Egli  si  presenta  fin  dall’inizio  come  il  predestinato  conquistatore
          della  Signora  di  Belmonte,  ma  la  nobiltà  della  sua  ricerca,  che  egli  pone
          subito nel segno mitico della ricerca del vello d’oro, è tutta tramata di temi,
          figure  e  isotopie  d’ordine  commerciale  e  capitalistico.  Si  veda  il  primo

          accenno che ne fa all’amico Antonio (accenno che, tra l’altro, fa seguito alla
          sua  imbarazzata  argomentazione  sui  debiti  già  con  l’amico  contratti,  ma
          probabilmente estinguibili tramite un ultimo decisivo debito che gli consenta
          la spedizione a Belmonte): «A Belmonte vive una signora orfana e ricca, / ed

          è  bella...»  (I,  i,  161-162).  La  conquista  della  bella  ereditiera  sarà  poi
          fittamente marcata da valenze commerciali: cfr. «con vostra licenza, / vengo
          con una cambiale, a dare e anche a ricevere», «... io qui me ne sto / [...]
          dubbioso se ciò che vedo è vero / finché non sia da voi confermato, firmato,

          ratificato» (III, ii, 139-140, 146-148). E sullo stesso registro, con accenti che
          paiono  talvolta  ironici,  gli  replica  Porzia:  «vorrei  triplicare  venti  volte  me
          stessa, / essere mille volte più bella, diecimila volte più ricca / [...] vorrei [...]
          superare  ogni  stima;  ma  la  somma  totale  di  me  /  è  una  somma  da  poco;

          diciamo,  all’ingrosso,  /  è  una  ragazza...»  (III,  ii,  153-159),  o  ancora,  e  più
          pesantemente, «poiché vi ho comprato a caro prezzo, vi amerò caramente»
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