Page 1837 - Shakespeare - Vol. 2
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ORLANDO
Sono io che ho questa febbre d’amore. Dimmi il tuo rimedio ti prego.
ROSALINDA
Ah, ma in voi non vedo affatto i segni di mio zio prete. M’ha insegnato come
riconoscerlo, uno malato d’amore. E non vedo che siate ingabbiato in quella
gabbia di giunchi.
ORLANDO
Quali sarebbero questi segni?
ROSALINDA
Guancia smunta, che non avete; occhio pesto e infossato che non avete;
scontrosaggine, che non avete neanche; barba lunga, e non l’avete − ma di
questa non ne parliamo, che la poca che avete è come la rendita d’un
cadetto. E poi la calzamaglia senza giarrettiera, il berretto senza nastro, le
maniche sbottonate, le scarpe slacciate e tutto quanto avete indosso che
mostra segni di trascurataggine e depressione. No, non mi pare il vostro
caso: voi anzi siete piuttosto leccatino nelle vostre bardature, e avete l’aria di
chi ama sé più che altri.
ORLANDO
Mio bel ragazzo, vorrei proprio convincerti che sono innamorato davvero.
ROSALINDA
Convincere me! Dovreste pensare a convincere quella che dite di amare, cosa
che lei, scommetto, è più pronta a fare che a confessare. Questo è uno dei
punti sui quali le donne riescono sempre a far sceme le proprie coscienze. Ma
parliamo sul serio, siete davvero voi che appendete sugli alberi quei versi che
lodano e sbrodano questa Rosalinda?
ORLANDO
Giovanotto te lo giuro, sulla bianca mano di Rosalinda: sono proprio io, son
proprio io quel disgraziato.
ROSALINDA
E siete davvero così cotto come dicono le poesie?