Page 1559 - Shakespeare - Vol. 2
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ENRICO
Chi è che dice così?
Mio cugino Westmoreland? No, mio caro cugino.
Se destinati a morire, siamo abbastanza numerosi
da costituire una perdita per il nostro paese. Se dobbiamo vivere,
quanto più in pochi saremo, tanto più degni d’onore.
Per amor di Dio, ti prego, non volere un sol uomo di più.
Per Giove, io son tutt’altro che avido d’oro;
e non m’importa di chi si nutre a mie spese,
né me la prendo se c’è chi indossa i miei panni:
nei miei desideri non trovan posto le cose esteriori. 123
Ma se è peccaminoso aspirare alla gloria,
io sono il peccatore più inveterato che ci sia al mondo.
No, in fede mia, cugino, non volere un solo inglese di più.
Per la pace di Dio! Non vorrei perdermi un sì grande onore,
che un solo uomo in più vorrebbe, credo, spartire con me,
nemmeno in cambio della mia più grande speranza.
Oh, non volere un sol uomo di più!
Proclama piuttosto, Westmoreland, a tutto l’esercito,
che chi non ha abbastanza fegato per questa battaglia
può pure andarsene: noi gli daremo un passaporto,
e nella borsa gli metteremo anche i soldi del viaggio:
noi non vogliamo morire in compagnia di un uomo
che teme di essere nostro compagno nella morte.
Oggi è la festa di San Crispiano 124 :
chi sopravvive a questo giorno per rimpatriar sano e salvo,
s’impennerà sui due piedi solo a sentirlo nominare,
e fremerà al nome di San Crispiano.
Chi vedrà questo giorno e arriverà alla vecchiaia,
ogni anno, alla vigilia, inviterà i suoi vicini a far festa,
dicendo: “Domani è il giorno di San Crispiano!”.
Poi si rimboccherà la manica e mostrerà le sue cicatrici,
e dirà: “Queste ferite mi son toccate il giorno di San Crispino”.
I vecchi dimenticano; e lui dimenticherà tutto il resto,
eppure ricorderà, con qualche dettaglio di troppo,
le sue prodezze di quel giorno. Saranno allora i nostri nomi
che lui avrà sulle labbra, come persone di famiglia:
Re Harry, Bedford ed Exeter,