Page 1556 - Shakespeare - Vol. 2
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Entra un messo.



              MESSO
               Gl’Inglesi sono in ordine di battaglia, o Pari di Francia.



              CONNESTABILE
               A cavallo, valorosi principi! Difilato a cavallo!
               Eccoli là, quella banda di morti di fame!
               Il vostro gran spiegamento ne risucchierà gli animi,

               lasciando nient’altro che gusci vuoti e spoglie mortali.
               Non c’è lavoro bastante per tutte le braccia che abbiamo,
               né c’è sangue bastante nelle vene esaurite di quelli
               per insozzar tutte quante le daghe sguainate

               che oggi saran sfoderate dai nostri prodi Francesi
               e poi rinfoderate, perché senza avversari. Soffiamogli addosso,
               e il fiato caldo del nostro valore li manderà all’aria.
               È un dato di fatto, signori, né si può contestare,

               che i nostri servi e villani che, essendo di troppo,
               vanno sciamando in un viavai senza senso
               attorno alle nostre formazioni schierate, potrebber da soli
               far piazza pulita di un nemico così scalcinato,

               quand’anche noi, ai piedi di questo colle,
               prendessimo posizione da spettatori oziosi:
               cosa che l’onor nostro non ci consente. Che altro posso dirvi?
               Basta che noi facciamo appena un tantino così

               e avremo fatto tutto. Che dunque i trombettieri
               diano fiato alle trombe col segnale “A cavallo!”;
               il nostro approssimarci sconvolgerà il campo
               e gl’Inglesi, rannicchiandosi a terra sgomenti, si arrenderanno.


                                                      Entra Grandpré.




              GRANDPRÉ
               Perché tanto indugiare, miei nobili di Francia?
               Quei cadaverici isolani, che già disperan di salvare le ossa,
               fanno una ben trista figura nel campo mattutino;
               i loro laceri vessilli pendono sconsolati

               e l’aria nostrale li scuote, al passaggio, sprezzante;
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