Page 1557 - Shakespeare - Vol. 2
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il grosso Marte sembra far bancarotta in quella torma cenciosa
               e lancia pavide occhiate da una rugginosa celata;
               i cavalieri stan lì impalati come quei candelabri
               armati di lance di cera; e i loro poveri ronzini

               tengon la testa bassa, con pelle e fianchi cascanti,
               il muco che cola dai loro occhi spenti di moribondi, e
               in quelle bocche sbiancate ed inerti le ganasce del morso,
               sporche di erba rimasticata, pendono immobili.

               E intanto i corvi, loro sinistri esecutori,
               volteggian su tutti loro, e attendono il loro momento.
               Non c’è descrizione che sappia vestirsi di parole
               atte a dipinger dal vivo cotesti guerrieri,

               vivi tuttora, eppure all’aspetto sì privi di vita.           120



              CONNESTABILE
               Han detto già le loro orazioni, e ora attendon la morte.



              DELFINO
               Dobbiamo mandargli dei pasti caldi, degli abiti nuovi,
               e portar del foraggio ai loro cavalli affamati,
               prima di attaccare battaglia?



              CONNESTABILE

               Io aspetto il mio stendardo. Avanti, al campo!
               Prenderò la bandiera da un trombettiere,
               tanto per romper gl’indugi. Su, coraggio, adunata!
               Il sole è già alto, stiamo sprecando la giornata.
                                                                                                        Escono.




                                                    Scena III         EN


                   Entrano Gloucester, Bedford, Clarence, Exeter, Erpingham con tutto
                                   l’esercito; Salisbury e Westmoreland.             121



              GLOUCESTER
               Dov’è il Re?
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