Page 100 - Shakespeare - Vol. 2
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aggrotta le ciglia, scuote il capo, rovescia gli occhi.
               Ho visto io stesso un fabbro, fermo, così, col suo martello,
               mentre il ferro gli si raffreddava sull’incudine,
               bersi con la bocca aperta le notizie che gli dava un sarto,

               e questi, che teneva ancora in mano forbici e metro,
               era lì, con le ciabatte messe all’incontrario per la gran fretta,
               a raccontare come migliaia di Francesi, in assetto da guerra,
               si schieravano in ordine di battaglia nel Kent:

               ed ecco un altro artigiano, allampanato e sporco,
               che interrompe il racconto
               e si mette a parlare della morte d’Arthur.



              RE GIOVANNI
               Perché cerchi di rendermi schiavo di queste paure?
               Perché continui a gettarmi davanti la morte del giovane Arthur?

               La tua mano l’ha ucciso: io avevo forti motivi
               per desiderarlo morto, ma tu non ne avevi nessuno per ucciderlo.



              HUBERT
               Non ne avevo? mio signore! come, non siete stato voi a incitarmi?



              RE GIOVANNI
               I re sono condannati a essere serviti da schiavi

               che prendono i loro umori per autorizzazioni
               a saccheggiare la casa sanguinosa della vita;
               che scambiano una strizzata d’occhi del padrone
               per un mandato vincolante, che credono di comprendere
               la collera di un re, quando costui aggrotta le ciglia

               per un capriccio momentaneo e non per una ponderata decisione.



              HUBERT
               Ecco, questa è la vostra firma, il sigillo per ciò che ho fatto.



              RE GIOVANNI
               Ah, quando l’ultimo rendiconto tra il cielo e la terra
               verrà chiuso, allora questa firma e questo sigillo               156

               testimonieranno contro di noi, per la dannazione!
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