Page 51 - Shakespeare - Vol. 1
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riprovare i materiali delle cronache cinquecentesche per cercarvi la forma
d’un teatro ancora futuro, ma già proteso a nascere dal budello fetido delle
guerre e dei tradimenti, in cui il blank verse assume cadenze ora auliche e
maestose, ora asprissime e virulente. Alla fine della trilogia dell’Enrico VI la
maledizione della Pulzella trascinata sul rogo si realizzerà nella più empia
delle forme umane, quella di Riccardo di Gloucester, figlio di Riccardo di
York, a cui la Pulzella si rivolge. Ancora un padre, ancora un figlio, a
scatenare la devastazione della Storia.
Il testo inglese e la sua traduzione
L’edizione critica seguita durante la traduzione è The First Part of King
Henry VI della New Cambridge Shakespeare, a cura di Michael Hattaway
(Cambridge University Press, 1990). Hattaway ha tenuto conto delle
edizioni precedenti, schierandosi a favore dell’autenticità dell’opera, e ha
ricostruito laboriosamente le didascalie, inserendo, per renderle più
coerenti, una serie di aggiunte tra parentesi quadra, che ho rispettato nei
limiti del possibile. Ho anche semplificato, qua e là, la punteggiatura, e
ripristinato un paio di emendamenti introdotti da Andrew S. Cairncross
nella Arden Edition di King Henry VI, Part One (Methuen, 1962).
Nell’in-folio del 1623, dove la prima parte dello Henry VI appare subito
dopo il testo dello Henry V, non esiste alcun elenco dei personaggi. Esso fu
compilato per la prima volta da Nicholas Rowe nella sua edizione dei Works
di Shakespeare (1706). Anche in questo caso mi sono attenuto
sostanzialmente alle soluzioni di Hattaway. Nella traduzione, per una
consuetudine consolidata, sono stati italianizzati i nomi dei personaggi
principali e solo quelli: Enrico Quarto (ed Enrico Quinto, più volte
menzionato nell’opera), Riccardo Plantageneto, Duca di York (e quindi,
necessariamente, il padre Riccardo, Conte di Cambridge), Carlo il Delfino,
Giovanna la Pulzella, Margherita d’Angiò. Invece i due Talbot, padre e
figlio, rimangono John (Giovanni suonerebbe decisamente goffo), e lo
stesso vale per personaggi come Suffolk, Edmund Mortimer, John Fastolf,
Reignier (o René).
La versificazione su cui mi sono basato per rendere il blank verse
shakespeariano punta sull’endecasillabo, integrato da versi più lunghi fino
a quattro-cinque piedi, soprattutto nelle scene litigiose e in quelle
sentenziose. In alcuni passi, si è dato spazio al tono epico di Talbot e di
altri guerrieri della vecchia generazione, mentre in un solo caso ho fatto
ricorso a forme di retorica ottocentesca. Questo è avvenuto nella seconda
parte del Quarto Atto, dedicato alla morte eroica dei due Talbot. Qui, e
solo qui, ho usato ampiamente l’inversione della frase e ho adoperato di