Page 48 - Shakespeare - Vol. 1
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atteggiamento leonino anche tra i ceppi. Procedendo l’opera, gli elementi
complementari di un quadro di perfezione emergono tutti: l’aristocratico
disprezzo per i «vili mulattieri» e per quel codardo di Fastolf, la lealtà
assoluta al sovrano, l’intelligenza e la magnanimità che emergono
nell’episodio della Contessa di Auvergne, l’abnegazione per la patria,
l’amore commovente per il figlio, l’eroismo di fronte alla morte. Splendida
figura, dunque, quella di Talbot, la cui scomparsa ribadisce che l’epoca dei
colossi, delle reincarnazioni di San Giorgio e di tutta una galleria di
semidei, è finita per davvero. Eppure, sostiene Emrys Jones (The Origins of
Shakespeare, 1977), «la morte di Talbot, consegnandolo alla fama, non è
proprio un soggetto tragico, né queste scene sono intese come tragiche. Le
rime lo innalzano, separandolo dagli altri uomini, mentre penosamente -
come Ercole - egli ascende a una vita più alta. L’enfasi cade su quella
nuova vita, la vita della fama». Neppure in termini politici l’imbalsamazione
metaforica di Talbot contiene alcun messaggio di redenzione; essa è
piuttosto «il momento cruciale di disintegrazione sociale dell’opera» (E.I.
Berry), perché Talbot viene abbandonato al suo destino dagli stessi
compatrioti. Ancora una volta prevale il vuoto e il silenzio tombale, appena
squarciato dal fruscio delle ali in volo per l’empireo di un nuovo Dedalo e di
un nuovo Icaro cristiani, martiri della fede dissacrata dalla diabolica
Pulzella. Sui loro corpi vorrebbero accanirsi i nemici («Fateli a pezzi!
Spaccategli le ossa / a questi due», grida il Bastardo), perché, in fin dei
conti, di carne e di sangue è fatta la Storia dell’uomo. Dunque, in un
mondo che sta diventando barbarico perché non obbedisce più al codice
dell’onore cavalleresco e non è in grado di riconoscere in modo esplicito il
senso della “virtù” di Machiavelli, il corpo del nemico non si onora, si
distrugge come in un rito cannibalesco. Ironicamente, proprio Giovanna,
che finirà anch’essa consumata nel gran rogo acceso per le fattucchiere,
consente a Lucy di portar via il cadavere di Talbot e del figlio, adducendo il
concreto motivo che essi sono puzzolenti e putrefatti. Molto tempo è
davvero passato dalle esequie iniziali di Enrico V, il cui corpo imbalsamato
- come forse sapevano gli spettatori elisabettiani - era stato portato da
Vincennes alla cattedrale di Westminster, o dall’epoca in cui un altro mitico
sovrano, Riccardo Cuor di Leone, aveva scelto Rouen per la sua sepoltura.
L’unico punto debole di Talbot sembra costituito dalla Pulzella, e non tanto
perché Giovanna si dimostri più valorosa di Talbot in singolar tenzone
(l’unica volta in cui i due si scontrano, il duello finisce in parità), ma perché
anche il campione inglese sembra incapace di definire la singolarità della
donna, e non sa fare altro che ricorrere, in maniera contraddittoria, alle
solite argomentazioni: la Pulzella è una strega malefica, e per giunta una
prostituta lussuriosa. Così, del resto, si esprimono non solo tutti gli Inglesi,