Page 339 - Shakespeare - Vol. 1
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sottopone a un interrogatorio stringente. L’armaiolo e il suo apprendista
non esitano a litigare davanti ai nobili e combattono il loro duello alla
presenza del sovrano circondati dai loro amici e compagni. Procedendo fino
all’inizio dell’atto IV, troviamo una ciurma di pirati che catturano,
terrorizzano, uccidono senza farsi minimamente intimorire dagli anatemi di
Suffolk. Contro la retorica del potere, accanto alla dimensione insidiosa e
superba della corte, attorno a cui ruotano spie, stregoni, sicari prezzolati,
lacchè, l’universo popolare si dilata progressivamente, fino a esautorare i
legittimi protagonisti dell’opera (e della storia dinastica) con la rivolta di
Cade, che occupa pressoché tutto il iv atto in una continua esplosione di
azioni di violenza verbale e gestuale. Sul palcoscenico londinese in cui il
dramma viene recitato, si rappresenta una ribellione che avviene a Londra,
che tocca luoghi ben noti agli spettatori - la Torre, il Ponte, la Pietra di
Londra, Smithfield, Cheapside -, che parla il linguaggio popolare delle
confraternite artigianali e delle feste stagionali, così efficacemente
ricostruite da François Laroque in Shakespeare et la fête (1988).
Jack Cade, l’anti-re, il Re di Maggio, il Lord of Misrule di questo truce
carnevale di sangue, è anche un agente di York, una “creatura” generata
dalle ambizioni regali dell’antagonista di Enrico. Ma già la presentazione
che ne fa York (III, i) gli attribuisce un’energia demoniaca e animalesca:
«... le sue cosce, coperte di dardi, quasi somigliavano / a un porcospino irto
di aculei». Cade balza per aria, al suono dei campanelli, come «un
frenetico ballerino di morisca», e infatti conduce la danza per tutto il IV
atto, che costituisce un sub-plot eversivo, dove lo spettacolo dello stato è
rovesciato e dove trionfa l’anti-mondo upside down con la sua vitalità
popolaresca non relegata al solo Cade, ma convalidata dalla massa dei
suoi seguaci, tra cui spiccano, sia pure per poche battute, le voci ora di
Dick il macellaio, ora di Smith il tessitore, ora di Bevis e di Holland. Se già,
in IV, i, che costituisce una sorta di prologo alle scene della rivolta, il capo
dei pirati, un «oscuro bifolco pidocchioso» secondo Suffolk, aveva
rovesciato improperi sul nobile signore, usando in modo semplice ma
efficace il suo cognome (Pole), per dargli della «fogna, pozzanghera,
cloaca, la cui sporcizia / e sudiciume inquinano la fonte argentea dove
beve / l’Inghilterra», ora l’intera condizione aristocratica è messa sotto
processo, tanto è vero che il Messaggero comunica sbigottito al re: «Gli
studiosi, gli avvocati, i cortigiani e i gentiluomini, / loro li chiamano vermi
imbroglioni e li vogliono morti» (IV, iv).
Lo stesso Cade ribadisce durante la rivolta di essere responsabile delle
proprie azioni e di metterle al servizio d’una visione della comunità dove
trionfa l’utopia della Cuccagna e dove regna l’abbondanza: si aboliscono i
titoli nobiliari per reintrodurli in modo estemporaneo e buffonesco, si