Page 332 - Shakespeare - Vol. 1
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semplice neppure per chi ha intenzione di farlo. In fin dei conti, ognuno ha
il suo passato: il pomposo Suffolk quello degli eroi dell’antichità, Salisbury
e Warwick quello della gloriosa casata dei Neville, York quello dei
Plantageneti, Cade quello fittizio dei Mortimer (anch’essi Plantageneti) e
quello assai più autentico derivato dalla sua estrazione popolana. Tutti -
la comunità, lo stato - partecipano del ricordo della conquista della
Francia, e appunto quel passato, che riemerge solo a tratti e in modo
strumentale (ad esempio, nel IV atto, quando si tratta di soffocare la rivolta
popolare), viene sepolto dal matrimonio tra Enrico e Margherita. Gloucester
è l’unico che si sforza di rimanere fedele ai valori della tradizione storica,
su cui poggia la stessa monarchia Lancaster. Ma è appunto questo che i
suoi nemici non possono accettare: dopo Enrico VI, con Enrico VI, va
soppressa la dinastia Lancaster. Per poter riscrivere completamente gli
annali della storia d’Inghilterra, persa la Francia come retaggio “nazionale”,
occorre eliminare, prima politicamente, poi fisicamente, Humphrey di
Gloucester, affinché una “nuova” Inghilterra, basata su altri vincoli feudali
(si vedrà quanto illusori), ovvero sugli individualismi prevaricatori dei
singoli, possa essere partorita dal ventre della guerra civile, immemore
della tradizione cementata sui campi di battaglia francesi. Alla fine della
trilogia dell’Enrico VI, è destinato a “nascere” il re-mostro, Riccardo III, che
nega
I movimenti scenici che accompagnano l’apertura del I atto rendono
efficacemente il rapido processo di annullamento e di frantumazione in
corso. Gloucester cerca, con il suo appassionato discorso, di unire ancora
una volta i nobili nel ricordo delle loro vittorie sotto gli stendardi di Enrico
V. Ma Winchester getta provocatoriamente il discredito sulle motivazioni di
Gloucester, che commette l’errore di abbandonare il consesso. A questo
punto è Winchester a tessere la trama della sua vecchia ostilità. Eppure,
allontanatosi anche Winchester, continua la disintegrazione dell’ordine
aristocratico in fazioni che badano a interessi sempre più particolari. Ad
uno ad uno i nobili abbandonano la scena, non per tornare in Francia
(come era successo nell’incipit del dramma precedente), ma per prepararsi
alle fasi successive d’una partita che ormai si gioca tutta sul suolo inglese,
e in cui “la prosperità della terra” diviene un obiettivo interpretato da
ognuno secondo le proprie finalità. Infatti, il ritmo drammatico della I scena
si arresta nel monologo di Riccardo di York, in cui si esplicita per la prima
volta l’alternativa dinastica e in cui lo sfogo non privo di generosità di un
guerriero ferito nel suo onore si trasforma in un interessato atto di accusa
contro l’imbelle e libresco sovrano. «Grumbling York», lo chiama
efficacemente Margherita: un brontolone che scava come una talpa sotto le
fondamenta di casa Lancaster (e che, ironicamente, nella terza parte