Page 324 - Shakespeare - Vol. 1
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«...ammasso di rabbia, turpe bubbone malformato, / storpio nelle maniere
come nelle tue fattezze», che diventerà a sua volta re con il titolo di
Riccardo III. Il passaggio dalla vecchia generazione alla nuova sembra
presagire un cambiamento di metodi: prima si agiva machiavellicamente
con la congiura, il complotto, l’insinuazione (così era stato eliminato il buon
duca Humphrey) - adesso ci si misura nello scontro diretto, nel corpo a
corpo, sul campo di battaglia, da cui i vincitori - sempre temporanei -
emergono tenendo nella mano guantata le teste mozzate del nemico:
Riccardo III sarà appunto la sintesi terrificante dell’ideologia machiavellica
e della ferocia bellica. Shakespeare sovrappone così due tempi: quello a lui
contemporaneo della visione rinascimentale che, ispirandosi a Machiavelli,
usa gli strumenti della frode e della simulazione, e quello apocalittico della
guerra civile, la contesa più crudele e lacerante perché aggredisce il corpo
dello stato, del commonwealth, e lo fa a pezzi, smembrandolo come per
opera di un macellaio, quale forse era stato, nella bottega paterna, lo
stesso Shakespeare.
Nel corso del dramma, mentre si indebolisce di episodio in episodio la
figura del sovrano, un irresistibile movimento drammatico porta al centro
della scena, lasciata libera da Gloucester, due personaggi irriducibilmente
antagonisti: da una parte Margherita, la regina, seppure privata dell’ausilio
del suo amante Suffolk, dall’altra il pretendente Riccardo di York. Nella
prima parte dell’Enrico VI York era stato il più accanito tra i nobili inglesi
che avevano catturato la Pulzella; ora una nuova figura femminile gli
sbarra la strada verso il trono, arrogandosi, come vedremo, funzioni
mascoline. Il percorso di York è quello del principe machiavellico,
spettatore nella prima scena dell’opera (che però si chiude con un suo
monologo), occulto manovratore di fazioni senza schierarsi da nessuna
parte, in difficoltà quando l’armaiolo viene accusato di averlo chiamato
legittimo re d’Inghilterra (I, iii) e quando gli altri nobili lo spediscono in
Irlanda (III, i), ma sempre pronto a reagire sia invocando argomentazioni
dinastiche di ordine giuridico (II, ii), sia, sempre di più, appoggiandosi al
diritto inequivocabile della spada contro il debole sovrano e il suo bookish
rule. Non c’è dubbio che Shakespeare valorizzi il personaggio di York
proprio attraverso i monologhi: e mentre quello che chiude la prima scena
de l I atto è scandito da una nota lamentosa per la perdita dei territori
francesi, il monologo che suggella la prima scena dell’atto III contiene una
serie di vigorose indicazioni di azione ed evoca, in termini quasi demoniaci,
la controfigura di Jack Cade, il seminatore di disordine, che ha acquistato
consapevolezza dei suoi mezzi intellettuali. 1
Rispetto alla prima e alla terza parte della trilogia, assai più limitate sono
le scene di battaglia, mentre uno spazio maggiore occupano le dinamiche