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riferimenti a Talbot e a Giovanna d’Arco, i due grandi antagonisti della
prima parte dell’Enrico VI, di cui non viene fatta alcuna menzione nella
Contention e nella True Tragedy , come se, appunto, queste figure non
fossero state ancora presentate sulle scene.
Naturalmente una simile argomentazione si può anche rovesciare: se
Shakespeare aveva già “bruciato” nella prima parte dell’Enri co VI le
potenzialità drammatiche di Talbot e della Pulzella, fino a utilizzare
l’episodio tragico della morte di Talbot e del figlio, avvenuto dopo il
matrimonio tra Enrico VI e Margherita (e dunque teoricamente
appartenente al periodo storico della Contention, ovvero di quella che
sarebbe diventata nell’in-folio la seconda parte dell’Enrico VI), egli aveva
tutto l’interesse ad accantonare personaggi già sfruttati in precedenza, per
concentrarsi sul conflitto nobiliare che oppone tutti contro tutti: Suffolk e
Winchester contro Gloucester, Somerset contro York, Clifford contro
Warwick. In precedenza, l’ostilità tra i nobili, pur causando di fatto la morte
di Talbot, era passata in secondo piano rispetto al motivo della guerra tra
Inghilterra e Francia sul suolo francese.
L’organicità della prima trilogia storica shakespeariana - con il Riccardo III
una vera e propria tetralogia - aveva trovato sostenitori convinti in E.M.W.
Tillyard (Shakespeare’s History Plays, 1944) e in Andrew Cairncross, il
curatore della New Arden Edition. Anche se l’approccio storiografico di
Tillyard - postulante l’intenzione di Shakespeare di farsi interprete del Mito
dei Tudor con la sua visione provvidenziale del passato, riscattato
dall’avvento della dinastia Tudor dopo la catastrofe della guerra civile -, è
stato messo da tempo in discussione, molti tra i critici recenti hanno
sottolineato un elemento di continuità tra le tre parti dell’Enrico VI, sia
rivalutando la sua prima parte, sia mostrando la difficoltà di giungere a
conclusioni certe per quanto riguarda la presunta assenza di qualsiasi
riferimento alla prima parte dell’Enrico VI nelle altre due opere della
trilogia. Ad esempio, John W. Blanpied ( Time and the Artist in
Shakespeare’s English Histories, 1983) osserva che gli History Plays a cui
Shakespeare si dedicò nell’ultimo decennio del XVI secolo vanno visti «non
come una semplice successione di opere, ma come una fondamentale
categoria immaginativa», dotata di una coerenza cronologica.
Il dibattito non si è ancora esaurito. Michael Hattaway, il curatore delle tre
parti dell’Enrico VI per l’edizione New Cambridge, si muove con estrema
cautela nella sua Introduzione a 2Henry VI: tenendo conto degli studi di
E.A.J. Honigmann sull’inizio della carriera di Shakespeare, egli ipotizza una
stesura della prima parte dell’Enrico VI tra il 1589 e il 1591, subito dopo la
comparsa della seconda edizione delle Chronicles di Holinshed nel 1587, e
la considera forse precedente alla composizione delle due opere che, come