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Tragedy, e che abbia poi continuato a rielaborarle, come successe in altri
casi, fino a trasformarle in 2Henry VI e in 3Henry VI.
Cade così, come già aveva sostenuto Steven Urkowitz in un saggio apparso
sull’English Literary Renaissance nel 1988, la definizione di «cattivo in-
quarto» e si torna alla prospettiva tardo-settecentesca di Edmund Malone,
il quale però aveva individuato nella Contention e nella True Tragedy solo
alcuni segni della presenza di Shakespeare, impegnato a revisionare
materiali drammatici di altri autori e solo in seguito giunto ad appropriarsi
delle opere che compongono la seconda e la terza parte dell’Enrico VI.
Una interpretazione che restituisce a Shakespeare la paternità di entrambe
le versioni e cerca di spiegarne le differenze da una angolatura politica è
stata avanzata da Barbara Hodgdon in The End Crowns All (1991): al
sensazionalismo della Contention (ma il ragionamento vale anche per la
True Tragedy del 1595) si sostituisce il tono più cauto e ideologicamente
riduttivo del testo dell’in-folio: viene così sfumato il ruolo avuto da
Margherita nell’assassinio di Gloucester. Insomma, esisterebbe un Enrico VI
(parte seconda e terza) “elisabettiano”, più spregiudicato, e un Enrico VI
“giacomiano”, più prudente e rispettoso nei confronti del sovrano.
In conclusione, in mancanza di prove definitive, la seconda parte dell’Enrico
VI, di cui la Contention si può considerare una prima versione dovuta a
Shakespeare, sarebbe stata scritta nel 1592, forse dopo il 23 giugno,
quando i teatri furono temporaneamente chiusi e il drammaturgo avrebbe
avuto molto tempo a disposizione per dedicarsi alla stesura di nuove
opere. Sia che essa abbia visto la luce nel 1592, sia che si retroceda al
1591 la sua datazione, come sostengono altri studiosi, l’opera riecheggia in
modo molto esplicito, secondo Annabel Patterson (Shakespeare and the
Popular Voice , 1989) un periodo di turbolenze popolari che coinvolgevano
la cittadinanza di Londra. Shakespeare avrebbe cioè immesso nel suo
teatro una realtà strettamente contemporanea, caricandola di “storicità”
attraverso il riferimento alle fonti a sua disposizione, che si erano occupate
della rivolta di Jack Cade nel Kent, subito dopo la morte di Suffolk (1450; il
“presente” dell’azione drammatica), ma anche della rivolta di Watt Tyler ai
tempi di Riccardo II (1381; il tempo mitico del regicidio compiuto dai
Lancaster per impadronirsi della corona d’Inghilterra).
Nel complesso, c’è unanimità tra gli studiosi riguardo alle fonti utilizzate da
Shakespeare. Si dà la preferenza alla già menzionata seconda edizione
de l l e Chronicles, di Raphael Holinshed, apparsa nel 1587: di questa
opinione è Michael Hattaway, che però sottolinea come lo sviluppo
psicologicamente più ricco di alcuni personaggi sia dovuto alla lettura di
Hall; oppure, si indica come fonte principale appunto The Union of the Two
Noble Families of Lancastre and Yorke di Edward Hall (1548), ripresa alla