Page 140 - Shakespeare - Vol. 1
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comincia a misurare la sua ora,
esaurisca la caduta del suo rivolo di sabbia,
questi occhi, che adesso ti vedono in salute,
scorgeranno il tuo corpo insanguinato,
rigido, cadaverico, abbandonato.
Rulla un tamburo in lontananza.
Ascolta, ascolta il tamburo del Delfino,
una campana che suona a martello,
lugubre musica per la tua anima impaurita;
la mia squillerà per la tua fine orrenda.
Escono [in alto, il Generale e gli altri].
T ALBOT
Non racconta frottole: odo il nemico.
Fuori, la cavalleria leggera vada
in ricognizione, a esplorare i loro fianchi.
[Escono uno o più soldati.]
O disciplina negligente e sbadata!
Siamo rinchiusi e stretti in un recinto,
esiguo branco di tremanti cervi d’Inghilterra,
storditi da una muta ringhiante
di cagnacci francesi! Se dobbiamo essere
cervi inglesi, lottiamo con la loro vigoria
senza cedere al primo lieve morso,
simili a cerbiatti, ma, piuttosto, furibondi;
e come i maschi dei cervi, imbizzarriti,
volgiamo la testa d’acciaio contro i segugi
assetati di sangue, e teniamo quei vili
alla larga, impotenti. Che ogni uomo
venda cara la vita come faccio io.
E si accorgeranno, amici, quanto è cara
la carne di cervo. Dio e San Giorgio,
Talbot e i diritti d’Inghilterra,
sostengano i nostri colori in questa guerra!
[Escono.]
Scena III EN
Entra un Messaggero che va incontro a York. Entra York con un
trombettiere e molti soldati. 122