Page 12 - Shakespeare - Vol. 1
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sui corpi e sulle anime, e che, violando il principio di contraddizione, era
insieme designato da Dio ed «eletto» dai sudditi, per i quali era il simbolo
dei valori e dei destini della stirpe. Attraverso i suoi funzionari, ideologi e
propagandisti, costui imponeva un concetto organico dell’universo e della
storia come processo provvidenziale culminante nella sua dinastia: quello
dei cronisti di stato Hall, Holinshed ecc., fonti delle “cronache” di
Shakespeare. Così si presenterà, con meno brutalità e più duttilità politica,
la figlia Elisabetta, idealizzata come Vergine Astrea e rappresentata nelle
pitture quasi come una Madonna in trono. Ma l’idealizzazione dello Stato e
la Grande Catena dell’Essere non erano concetti incontrastati, se già
Tommaso Moro trovava che i commonwealths mascheravano una
«cospirazione dei ricchi contro i poveri», e il buon Puttenham poteva dire
che qui nescit dissimulare nescit regnare, concetti ripresi nell’Enrico IV dove
Shakespeare, dice l’Elton, ci mostra il regno come una banda di ladri.
Quella visione che Tillyard s’illudeva di trovare dappertutto e in
Shakespeare, in realtà era un’ideologia imposta dall’alto. E i valori ancora
ben vivi degli aristocratici, che avevano pochi soldi e poco potere, perdono
la loro presa sulla realtà machiavellica dello stato assoluto, contro cui si
rafforza un nemico ben più potente, la finanza e l’ideologia puritane. Il
sistema gentilizio di Elisabetta ammanta la realtà ma non ne annulla le
contraddizioni.
Sir Thomas Elyot aveva scritto i suoi trattati antimachiavellici sul buon
governo, ma Sir Walter Raleigh, in una poesia (The Lie, La menzogna)
scritta nella Torre di Londra dove sarà decapitato, smaschera i falsi ideali e
valori dominanti, e altrove scrive che argomento normale della storia è la
guerra. La guerra e la violenza dominano la vita e la mente degli uomini
nel secolo che il Giovio chiamò di ferro, e che gli storici dicono segnato
dall’odio e dal fanatismo come pochi altri nella storia moderna. Guerra e
fame, crisi delle campagne, aumento della popolazione, inflazione e crisi
delle finanze statali: è la dimensione quotidiana del mondo di
Shakespeare, dominata dagli appetiti primari dell’uomo. Il pessimismo di
Machiavelli e di Guicciardini e quello più sereno di Montaigne trovano
riscontro nel pessimismo di Lutero e Calvino e dei loro eredi puritani, e in
quello di tanti personaggi di Shakespeare, dai primi “drammi storici” agli
u l t i m i romances. Questi personaggi, che però sono soltanto dei
“sottomondi” dei mondi drammatici di Shakespeare, sanno che la politica
esclude ogni considerazione morale in un mondo che è “guerra di tutti
contro tutti”. Nel presente elisabettiano non ci sono più grandi eroi (che
appartengono tutti al passato), né grandi imprese (anche la famosa
sconfitta dell’Armada, 1588, è un evento ambiguo dovuto in gran parte alla
Provvidenza e al Caso, o se si vuole alla Moira e alla Tiche), ma indecisioni