Page 9 - Shakespeare - Vol. 1
P. 9
alla vita di Shakespeare, e l’unica traccia che ci sia rimasta della sua
mente.
L’epoca
Il concetto di Rinascimento
Il concetto che oggi gli storici hanno del Rinascimento - e l’opera di
Shakespeare s’incastona in esso meglio che in quelli precedenti - non è
più il concetto del Burckhardt (1860) e dei suoi continuatori, l’idea d’una
civiltà compatta e organica imperniata sull’individuo eroico e sulla ritrovata
armonia con la natura, spuntata di colpo “come un fiore nel deserto” del
Medioevo. E non è più il concetto opposto, evoluzionista e non catastrofico,
di un Rinascimento culmine del Medioevo (Huizinga, Gilson), età che
armonizza vecchio e nuovo in una sintesi gerarchica dell’universo, quella
che Douglas Bush e E.M.W. Tillyard (1943) presentavano come la «visione
del mondo elisabettiana» (e di Shakespeare).
Già lo Chabod (1948, 1967) nel parlare degli studi sul grande Rinascimento
- quello che include la Riforma e la Controriforma, l’umanesimo pagano e
quello cristiano, lo scetticismo e lo sviluppo delle scienze - metteva in
evidenza quale morfologia tormentata presentasse il passaggio, insieme
evolutivo e catastrofico, dal Medioevo all’età moderna; e come la
storiografia problematica del nostro secolo tendesse a rifiutarne una
visione unitaria come ipotesi idealizzante e mitica. «Il pensiero del
Rinascimento», scriveva Chabod, «avendo aperto la porta a vari rami
dell’attività umana, fu poi incapace di reintegrarli...». Nelle prospettive
attuali, che sembrano confermare la validità dei concetti braudeliani di
«storia profonda» e di «lunga durata», la civiltà rinascimentale affonda le
sue radici in tutto il passato europeo e si distende dal Trecento al Seicento
con diramazioni che arrivano a Hegel. Le sintesi più recenti, dello Haydn
(1950), della Heller (1967), del Bloch (1977), vedono il Rinascimento come
un sistema dinamico di strutture complesse, studiano le sue articolazioni e
stratificazioni, il coesistere di posizioni inconciliabili, la compresenza di
pensieri e di civiltà artistiche difficili a definirsi e ad accordarsi, anche per le
asincronie, i dislivelli, le torsioni che accompagnano - sui piani degli
individui, delle istituzioni, delle nazioni, delle ideologie - le fratture del
“conglomerato” medievale. I caratteri del Rinascimento sono il dinamismo,
il pluralismo, la conflittualità, l’immanenza, la versatilità, la critica ai
sistemi e la problematizzazione dei valori e delle certezze tradizionali.
Machiavelli, è stato detto, mette in crisi l’ordine politico. Copernico l’ordine
cosmologico, Lutero quello teologico, e Montaigne quello fondato sulla