Page 77 - Nietzsche - Su verità e menzogna
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luminose, all’interno dalle parti nebulose, pesanti e umide. Nel proseguimento di questo
processo, dalla massa aerea addensatasi all’interno viene espulsa l’acqua e dall’acqua
successivamente l’elemento terrestre, mentre dall’elemento terrestre, sotto l’effetto del freddo
terribile, vengono poi espulse le rocce. Per la violenza della rotazione, alcune masse rocciose
vengono a loro volta trascinate via lateralmente dalla terra e gettate nel territorio del rovente,
luminoso etere; là, portate all’incandescenza dall’elemento igneo e insieme trascinate nel
movimento circolare dell’etere, esse irradiano luce, illuminando e riscaldando la terra, in sé
oscura e fredda, sottoforma di sole e astri. L’intera concezione è di una mirabile audacia e
semplicità, e in sé non ha proprio nulla di quella teologia goffa e antropomorfa che sovente è
stata associata al nome di Anassagora. Quella concezione trova la propria grandezza e il
proprio vanto proprio nel far derivare l’intero cosmo del divenire da un movimento circolare,
mentre Parmenide contemplava il vero essente come una immobile, morta, sfera. Quel
movimento circolare è inizialmente mosso e messo in rotazione dal nous; così tutto l’ordine, la
conformità a leggi e la bellezza del mondo sono le naturali conseguenze di quel primo impulso.
Quale torto si fa ad Anassagora, se gli si rimprovera la saggia astensione dalla teologia mostrata
in questa concezione e si parla sprezzantemente del suo nous come di un deus ex machina!
Anassagora, al contrario, proprio avendo eliminato mitologiche e teistiche intromissioni
miracolose, nonché utilitarismi e finalismi antropomorfi, avrebbe potuto servirsi delle
orgogliose parole usate da Kant nella sua Storia naturale del cielo. È infatti un pensiero
sublime quello che riconduce perfettamente la magnificenza del cosmo e la stupefacente
disposizione delle orbite stellari ad un semplice movimento, puramente meccanico, per così
dire a una figura matematica in movimento. Non si ricorre dunque alle intenzioni e alle mani
soccorrevoli di un dio meccanico, bensì soltanto a una specie di oscillazione che, una volta
avviata, segue un corso determinato e necessario, realizzando effetti che somigliano al più
saggio calcolo dell’intelligenza e al meglio ponderato finalismo, senza tuttavia esser tali. «Mi
godo il piacere» dice Kant «di vedere prodursi una totalità ben ordinata non con l’ausilio di
invenzioni arbitrarie, bensì ad opera di stabilite leggi del movimento; totalità che mi sembra
così simile a quello che è il nostro sistema cosmico da non poter fare a meno di crederla tale.
Mi pare che qui, in un certo senso, si potrebbe dire senza protervia: «datemi la materia e vi
costruirò un mondo!».