Page 74 - Nietzsche - Su verità e menzogna
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assolutamente minime. L’intero viene denominato in base a ciò che è preponderante, in questo
     caso in base alla sostanza aurea.
       Ma  come  è  possibile  che  una  sostanza  risulti  preponderante  e  riempia  una  cosa  in  misura

     quantitativamente maggiore delle altre sostanze? L’esperienza mostra che questa preponderanza
     si produce solo progressivamente, attraverso il movimento, che dunque la preponderanza è il
     risultato di un processo che noi comunemente chiamiamo divenire. Che tutto sia in tutto non è
     invece il risultato di un processo, bensì al contrario è la precondizione di ogni divenire e di

     ogni essere mosso, ed è perciò anteriore a ogni divenire. In altre parole: la conoscenza empirica
     insegna che il simile viene continuamente ad aggiungersi al simile, come accade ad esempio
     nell’alimentazione, cioè insegna che in origine gli elementi simili non sono vicini e ammassati
     l’uno sull’altro, bensì separati. Anzi, nei processi empirici che abbiamo davanti agli occhi, il

     simile  viene  sempre  ricavato  e  mosso  dal  dissimile  (nell’alimentazione,  ad  esempio,  le
     particelle di carne vengono ricavate dal pane, ecc.), e quindi la compenetrazione delle diverse
     sostanze  è  la  forma  più  antica  di  costituzione  delle  cose,  temporalmente  anteriore  a  ogni
     divenire e movimento. Se tutto il cosiddetto divenire è dunque un espellere e presuppone una

     mescolanza,  ci  si  domanda  allora  quale  grado  dovesse  possedere  tale  mescolanza,  tale
     originaria compenetrazione. Sebbene il processo di un movimento del simile verso il simile,
     cioè il divenire, duri già da tempo immemorabile, si può tuttavia riconoscere come, in tutte le
     cose, siano ancora oggi racchiusi resti e semi di ogni altra cosa, in attesa di essere espulsi, e si

     osserva come soltanto in casi isolati si sia già raggiunta una prevalenza. Dato che il processo di
     espulsione richiede un tempo infinito, la mescolanza originaria doveva essere stata completa,
     cioè spinta sino all’infinitamente piccolo. In questo modo viene tenuto rigorosamente fermo il
     pensiero  che  tutto  ciò  che  possiede  un  essere  essenziale  sia  infinitamente  divisibile,  senza

     perdere con ciò il proprio carattere specifico.
       In base a questi presupposti, Anassagora si rappresenta l’esistenza originaria del mondo come
     in un certo senso simile a una massa polverizzata di punti riempiti, infinitamente piccoli, dei
     quali ognuno è specificamente semplice e possiede soltanto una qualità, in modo tale però che

     ogni qualità specifica viene rappresentata in un numero infinito di singoli punti. Aristotele ha
     denominato tali punti ’omeomerie’ in considerazione del fatto che essi sono le parti, fra loro
     omogenee, di un intero che è a sua volta omogeneo rispetto alle sue parti. Ma si cadrebbe in un
     grosso errore se si equiparasse quell’originaria compenetrazione di tutti questi punti, di questi

     «semi  di  tutte  le  cose»,  all’unica  materia  primordiale  di  Anassimandro;  difatti  quest’ultima,
     chiamata l’«indeterminato», è una massa assolutamente unitaria e di una sola natura, mentre il
     primo  è  un  aggregato  di  materie  differenti.  Senza  dubbio  si  può  dire  di  questo  aggregato  di
     materie ciò che si dice dell’«indeterminato» di Anassimandro, come fa appunto Aristotele: esso

     non  potrebbe  essere  né  bianco,  né  grigio,  né  nero,  né  colorato  in  altro  modo;  esso  sarebbe
     insapore, inodore e, in generale, considerato come totalità, indeterminato sia quantitativamente,
     sia  qualitativamente.  Qui  si  ferma  la  somiglianza  tra  l’indeterminato  di  Anassimandro  e  la
     mescolanza  originaria  di  Anassagora.  Ma,  a  parte  questa  somiglianza  negativa,  essi  si

     differenziano positivamente in ragione del fatto che la mescolanza originaria di Anassagora è un
     composto, mentre l’indeterminato di Anassimandro è un’unità. Anassagora, ipotizzando il caos,
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