Page 79 - Nietzsche - Su verità e menzogna
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CAPITOLO XIX
Qui ci si potrebbe naturalmente domandare come al nous sia venuto in mente, così
all’improvviso, di urtare, fra tutti i punti, un puntolino materiale a caso, trascinandolo poi in una
danza vorticosa, e ci si potrebbe domandare inoltre perché ciò non gli sia venuto in mente
prima. Anassagora risponderebbe: «il nous ha il privilegio dell’arbitrio, egli può dare inizio al
movimento quando vuole, dipende solo da se stesso, mentre tutto il resto è determinato
dall’esterno. Esso non ha alcun obbligo e dunque neppure un fine che sia costretto a perseguire:
quando diede inizio al movimento e si pose un fine, questo fu per lui – difficile rispondere, ci
vorrebbe Eraclito – soltanto un gioco.
Questa sembra essere stata la soluzione ultima o la via di fuga sempre pronta sulle labbra dei
Greci. Lo spirito di Anassagora è un artista, precisamente il più potente genio della meccanica e
dell’architettura: con i mezzi più semplici esso crea le forme e le traiettorie più grandiose e, per
così dire, un’architettura semovente, ma è pur sempre mosso da quell’irrazionale arbitrio insito
nell’animo degli artisti. È come se Anassagora indicasse Fidia e ci gridasse, riferendosi
all’immane opera artistica del cosmo come se si trovasse davanti al Partenone: «il divenire non
è un fenomeno morale, bensì soltanto un fenomeno artistico». Aristotele racconta che, alla
domanda per quale motivo l’esistenza avesse per lui un valore, Anassagora rispose: «per
contemplare il cielo e l’ordine complessivo del cosmo». Egli trattava le cose fisiche con la
stessa devozione e misteriosa soggezione con cui noi ci poniamo di fronte a un antico tempio. La
sua dottrina divenne una sorta di esercizio religioso per spiriti liberi; essa si proteggeva con
l’odi profanum vulgus et arceo e sceglieva con prudenza i propri seguaci dal ceto più alto e
nobile della società ateniese. Nella chiusa comunità dei discepoli ateniesi di Anassagora la
mitologia popolare era ormai consentita unicamente come linguaggio simbolico: tutti i miti, tutti
gli dèi, tutti gli eroi, venivano considerati in questa cerchia soltanto geroglifici per
l’interpretazione della natura, e perfino i poemi omerici dovevano essere considerati come il
canto canonico sul dominio del nous e sulle lotte e leggi della physis. Di tanto in tanto, un’eco
di questa società di spiriti liberi giungeva fino al popolo; soprattutto il grande Euripide, sempre
audace e alla ricerca di cose nuove, attraverso la maschera tragica osò rendere manifeste
diverse cose che colpirono come frecce i sensi della massa e dalle quali essa riuscì a liberarsi
soltanto con caricature buffonesche e comiche interpretazioni.
Il più grande dei seguaci di Anassagora è però Pericle, l’uomo più potente e pieno di dignità
del mondo: proprio riguardo a lui, Platone testimonia che soltanto la filosofia di Anassagora